A.S. 2019-2020
8 novembre 2019
TEATRO CARLO FELICE - Genova - "Aggiungi un posto a tavola"
A.S. 2018-2019
13 marzo 2019
TEATRO CARLO FELICE - Genova - "Don Pasquale"
Don Pasquale, di Donizetti
Teatro Carlo Felice, Genova
13 marzo 2019
Questa non è una recensione.
- Dormi?
- No. Adesso non più.
- Mi sono dimenticata di dirti una cosa…
- Cosa?
- Domani nostra figlia va con la scuola al Carlo Felice, a Genova.
- Ah, sì?
- Si, li portano a vedere… indovina cosa?
- Non mi fare gli indovinelli a quest’ora… sono stanco e ho sonno, dai!
- Non lo immagineresti mai…
- Certo che no, sono stanco, ho avuto una giornata di m…da. E proprio di risolvere degli indovinelli a quest’ora non me la sento.
- E vabbè, allora non te lo dico!
- E no, adesso mi hai svegliato e me lo devi dire, se no mi arrabbio, porca p...…!
- Sei sempre il solito impulsivo, adesso come quando ti ho conosciuto!
- Però qualche volta la mia impulsività ti è piaciuta, se non ricordo male…
- Sì, sì, e adesso rimediala... E tieni le mani a posto, con le carezze non risolvi proprio nulla!
- Hai ragione, non ti inalberare. È che sono veramente stanco… scusami. Però adesso dimmi quello che volevi dirmi, dai, ti chiedo scusa.
- Uhm… vabbè, alla fine ci casco sempre. Te lo dico.
- Lo sai che non puoi resistere al mio fascino! …Ouch! Mi hai fatto maleee... mi hai dato una gomitata!
- Così impari. Fatti furbo. Comunque, volevo dirti che nostra figlia va a vedere il “Don Pasquale” di Donizetti.
- Ma pensa! Davvero?
- Ti ricorda qualcosa?
- E certo che mi ricorda qualcosa. L’opera non è che sia proprio così tanto bella. La musica quella sì, anche se tutti quegli zu-zu-zum alla fine di ogni fraseggio sono un po’ troppo scontati, di maniera. Invece l’ultima parte è quella che mi ha entusiasmato di più… Le zuffe, le grida, l’intersecarsi delle voci, il coro… Senti, come si chiamava il nipote, quello un po’ sfigato, che indossava… sì adesso mi ricordo, i calzini arancione?
- Ernesto.
- Sì, è verooo! E poi lei, la ragazza, quella… Dorina!
- Norina. Lo vedi che non sei stato attento neppure allora? Come al solito….
- Beh, se non sono stato attento quel giorno un motivo c’era, no? Non te lo ricordi?
- Mi hai fatto vergognare di fronte a tutto il mondo!
- Sì, sì, adesso lo dici, ma quel giorno ti è piaciuto moltissimo, non puoi negarlo. Ti conosco troppo bene. Solo che adesso non vuoi darmela vinta.
- Tieni le mani a posto ti ho detto… E poi a me tutto sommato il vecchio Don Pasquale che cede alle lusinghe dell’amore, l’amore che cancella ogni età, che ti fa sentire vivo, caldo e pulsante di linfa nuova che sembrava perduta per sempre, a me Don Pasquale faceva tenerezza. Ed ero anche un po’ dispiaciuta e stizzita con Norina perché lo ha gabbato nella sua buona fede…
- Beh, sì, Norina stava sull’anima un po’ anche a me: mi è sembrata… come dire… un po’ z……! …Ouch! E basta con ste gomitate! Fai male veramente!
- E tu piantala di essere zotico e volgare! Siete tutti uguali voi uomini, vi rimane il cervello fermo ai quindici anni!
- E perché, voi donne allora? Quando vi occorre siete subdole e ingannevoli, pur di ottenere il vostro obbiettivo. Quella Norina ad esempio: ha fatto tutto quel casino solo per potersi sposare con Ernesto. Ha ingannato il vecchio raggirando la sua buona fede, e, soprattutto, lo ha spinto fin sull’orlo dell’esasperazione, quasi quasi ci lasciava le penne. Ti pare bello?
- L’amore è amore. E poi, se ricordi bene, aveva architettato tutto il Dottore, non ti ricordi? Era lui il vero deus ex machina di tutto quel casino, come dici tu. A proposito, come si chiamava?
- Questo me lo ricordo benissimo: dottor Malatesta. Come potrei dimenticarmi questo nome!!! Te la ricordi la prof che avevamo a scuola? È stata lei ad accompagnarmi a comprare la rosa che ti ho regalato quel giorno!
- Mi hai fatto vergognare davanti a tutta la scuola!
- Ma se gongolavi tutta felice!!! E poi mi dici che non sono stato attento! Ho guardato te durante tutta l’opera, altro che Don Pasquale!
- Senti, allora do il permesso a nostra figlia di mettersi la gonna corta e la camicetta di pizzo?
- Ma… non è che mi hai fatto tutta questa manfrina solo per chiedermi questo? Che ti dessi il mio permesso? Per quello che conta poi….
- Scemo!
- Brava, brava. E io che pensavo che mi amassi ancora come una volta…
- Scemo, vieni qui. Dammi un bacio.
- Ti amo tanto.
- Anch’io. Ora persino di più.
- Adesso però dormiamo, che sono stanco.
- Buonanotte amore mio. Grazie per quel giorno. E per tutti gli altri….
- Buonanotte. Tienimi la mano.
……………………………………………………..
Dedicato all’amore.
In tutte le età.
Danilo Demi
Teatro Carlo Felice, Genova
13 marzo 2019
Questa non è una recensione.
- Dormi?
- No. Adesso non più.
- Mi sono dimenticata di dirti una cosa…
- Cosa?
- Domani nostra figlia va con la scuola al Carlo Felice, a Genova.
- Ah, sì?
- Si, li portano a vedere… indovina cosa?
- Non mi fare gli indovinelli a quest’ora… sono stanco e ho sonno, dai!
- Non lo immagineresti mai…
- Certo che no, sono stanco, ho avuto una giornata di m…da. E proprio di risolvere degli indovinelli a quest’ora non me la sento.
- E vabbè, allora non te lo dico!
- E no, adesso mi hai svegliato e me lo devi dire, se no mi arrabbio, porca p...…!
- Sei sempre il solito impulsivo, adesso come quando ti ho conosciuto!
- Però qualche volta la mia impulsività ti è piaciuta, se non ricordo male…
- Sì, sì, e adesso rimediala... E tieni le mani a posto, con le carezze non risolvi proprio nulla!
- Hai ragione, non ti inalberare. È che sono veramente stanco… scusami. Però adesso dimmi quello che volevi dirmi, dai, ti chiedo scusa.
- Uhm… vabbè, alla fine ci casco sempre. Te lo dico.
- Lo sai che non puoi resistere al mio fascino! …Ouch! Mi hai fatto maleee... mi hai dato una gomitata!
- Così impari. Fatti furbo. Comunque, volevo dirti che nostra figlia va a vedere il “Don Pasquale” di Donizetti.
- Ma pensa! Davvero?
- Ti ricorda qualcosa?
- E certo che mi ricorda qualcosa. L’opera non è che sia proprio così tanto bella. La musica quella sì, anche se tutti quegli zu-zu-zum alla fine di ogni fraseggio sono un po’ troppo scontati, di maniera. Invece l’ultima parte è quella che mi ha entusiasmato di più… Le zuffe, le grida, l’intersecarsi delle voci, il coro… Senti, come si chiamava il nipote, quello un po’ sfigato, che indossava… sì adesso mi ricordo, i calzini arancione?
- Ernesto.
- Sì, è verooo! E poi lei, la ragazza, quella… Dorina!
- Norina. Lo vedi che non sei stato attento neppure allora? Come al solito….
- Beh, se non sono stato attento quel giorno un motivo c’era, no? Non te lo ricordi?
- Mi hai fatto vergognare di fronte a tutto il mondo!
- Sì, sì, adesso lo dici, ma quel giorno ti è piaciuto moltissimo, non puoi negarlo. Ti conosco troppo bene. Solo che adesso non vuoi darmela vinta.
- Tieni le mani a posto ti ho detto… E poi a me tutto sommato il vecchio Don Pasquale che cede alle lusinghe dell’amore, l’amore che cancella ogni età, che ti fa sentire vivo, caldo e pulsante di linfa nuova che sembrava perduta per sempre, a me Don Pasquale faceva tenerezza. Ed ero anche un po’ dispiaciuta e stizzita con Norina perché lo ha gabbato nella sua buona fede…
- Beh, sì, Norina stava sull’anima un po’ anche a me: mi è sembrata… come dire… un po’ z……! …Ouch! E basta con ste gomitate! Fai male veramente!
- E tu piantala di essere zotico e volgare! Siete tutti uguali voi uomini, vi rimane il cervello fermo ai quindici anni!
- E perché, voi donne allora? Quando vi occorre siete subdole e ingannevoli, pur di ottenere il vostro obbiettivo. Quella Norina ad esempio: ha fatto tutto quel casino solo per potersi sposare con Ernesto. Ha ingannato il vecchio raggirando la sua buona fede, e, soprattutto, lo ha spinto fin sull’orlo dell’esasperazione, quasi quasi ci lasciava le penne. Ti pare bello?
- L’amore è amore. E poi, se ricordi bene, aveva architettato tutto il Dottore, non ti ricordi? Era lui il vero deus ex machina di tutto quel casino, come dici tu. A proposito, come si chiamava?
- Questo me lo ricordo benissimo: dottor Malatesta. Come potrei dimenticarmi questo nome!!! Te la ricordi la prof che avevamo a scuola? È stata lei ad accompagnarmi a comprare la rosa che ti ho regalato quel giorno!
- Mi hai fatto vergognare davanti a tutta la scuola!
- Ma se gongolavi tutta felice!!! E poi mi dici che non sono stato attento! Ho guardato te durante tutta l’opera, altro che Don Pasquale!
- Senti, allora do il permesso a nostra figlia di mettersi la gonna corta e la camicetta di pizzo?
- Ma… non è che mi hai fatto tutta questa manfrina solo per chiedermi questo? Che ti dessi il mio permesso? Per quello che conta poi….
- Scemo!
- Brava, brava. E io che pensavo che mi amassi ancora come una volta…
- Scemo, vieni qui. Dammi un bacio.
- Ti amo tanto.
- Anch’io. Ora persino di più.
- Adesso però dormiamo, che sono stanco.
- Buonanotte amore mio. Grazie per quel giorno. E per tutti gli altri….
- Buonanotte. Tienimi la mano.
……………………………………………………..
Dedicato all’amore.
In tutte le età.
Danilo Demi
Recensione “Don Pasquale” di Donizetti
Teatro Carlo Felice, Genova 13 marzo 2019
Chi si vuole sposare in tarda età corre il rischio di incorrere in noie e dolori perché non è l’amore ma il puro interesse economico che spinge una donna giovane al matrimonio con un uomo anziano. Questa è la morale del Don Pasquale di Donizetti, opera in tre atti alla quale abbiamo assistito il 13 marzo al Teatro Carlo Felice di Genova con i ragazzi dell’ Istituto Comprensivo di Albisola.
La bella Norina è l’emblema di quelle giovani ragazze che fanno perdere la testa a “vecchi” poveri illusi che credono di poterle conquistare. Il primo atto si apre con la scena dell’ atrio della “Pensione Pasquale” invasa da gatti di colore verde “acido”, che Don Pasquale ama molto ma che non può avvicinare perché, allergico al loro pelo. Dello stesso colore anche il vestito di Norina: due amori impossibili che provocano reazioni allergiche nel caso dei gatti e pene d’amore nel caso di Norina.
La donna, nell’interpretazione del regista, si comporta come una gatta; tutta fusa e moine all’inizio e poi pronta a graffiare la mano di chi l’accarezza. Acida dunque, come il verde del suo vestito, si rivela Norina quando mette in atto la sua vendetta contro Don Pasquale che ha osteggiato il suo amore per il nipote Ernesto.
Nel terzo atto spariscono i gatti e l’abito verde di Norina viene sostituito da un vestito leopardato. La “gatta” si è rivelata per quello che è: una belva feroce che non ha più bisogno di mascherare le sue reali intenzioni . Anche l’opera sembra decollare e prendere vigore: nei cori, nei duetti più vivaci e anche il ritmo della storia accelera. Si va verso l’epilogo con Ernesto e Norina che possono sposarsi con il benestare di Don Pasquale.
Limpido e a tratti virtuoso il canto di Norina, spesso confuso e borbottante invece Don Pasquale. Per fortuna il monitor karaoke aiutava a comprendere il testo delle arie.
Un canto sottotono soprattutto quello dei tenori che non raggiunge mai le vette degli acuti e anche l’orchestra è diretta senza energia. L’impressione è che musicisti e cantanti stiano risparmiando voce e vigore per le repliche serali e per un pubblico più “autorevole”.
Nonostante tutto i ragazzi hanno applaudito con entusiasmo la fine dello spettacolo ma, tanto calore, ci viene il dubbio che fosse piuttosto la manifestazione di una catarsi liberatoria.
Elena Visconti
Teatro Carlo Felice, Genova 13 marzo 2019
Chi si vuole sposare in tarda età corre il rischio di incorrere in noie e dolori perché non è l’amore ma il puro interesse economico che spinge una donna giovane al matrimonio con un uomo anziano. Questa è la morale del Don Pasquale di Donizetti, opera in tre atti alla quale abbiamo assistito il 13 marzo al Teatro Carlo Felice di Genova con i ragazzi dell’ Istituto Comprensivo di Albisola.
La bella Norina è l’emblema di quelle giovani ragazze che fanno perdere la testa a “vecchi” poveri illusi che credono di poterle conquistare. Il primo atto si apre con la scena dell’ atrio della “Pensione Pasquale” invasa da gatti di colore verde “acido”, che Don Pasquale ama molto ma che non può avvicinare perché, allergico al loro pelo. Dello stesso colore anche il vestito di Norina: due amori impossibili che provocano reazioni allergiche nel caso dei gatti e pene d’amore nel caso di Norina.
La donna, nell’interpretazione del regista, si comporta come una gatta; tutta fusa e moine all’inizio e poi pronta a graffiare la mano di chi l’accarezza. Acida dunque, come il verde del suo vestito, si rivela Norina quando mette in atto la sua vendetta contro Don Pasquale che ha osteggiato il suo amore per il nipote Ernesto.
Nel terzo atto spariscono i gatti e l’abito verde di Norina viene sostituito da un vestito leopardato. La “gatta” si è rivelata per quello che è: una belva feroce che non ha più bisogno di mascherare le sue reali intenzioni . Anche l’opera sembra decollare e prendere vigore: nei cori, nei duetti più vivaci e anche il ritmo della storia accelera. Si va verso l’epilogo con Ernesto e Norina che possono sposarsi con il benestare di Don Pasquale.
Limpido e a tratti virtuoso il canto di Norina, spesso confuso e borbottante invece Don Pasquale. Per fortuna il monitor karaoke aiutava a comprendere il testo delle arie.
Un canto sottotono soprattutto quello dei tenori che non raggiunge mai le vette degli acuti e anche l’orchestra è diretta senza energia. L’impressione è che musicisti e cantanti stiano risparmiando voce e vigore per le repliche serali e per un pubblico più “autorevole”.
Nonostante tutto i ragazzi hanno applaudito con entusiasmo la fine dello spettacolo ma, tanto calore, ci viene il dubbio che fosse piuttosto la manifestazione di una catarsi liberatoria.
Elena Visconti
1 febbraio 2019
TEATRO CARLO FELICE - Genova - "La bella addormentata"
- PARTECIPAZIONE ANNULLATA PER ALLERTA METEO -
A.S. 2017-2018
22 marzo 2018
TEATRO CARLO FELICE - Genova - "La rondine"
...con l'incontro inaspettato in foto 9!!!
LA RONDINE - Recensione della prof. Francesca Bonaventura
Dedicata al mio ispiratore Danilo Demi
Marito: Amore ma ti ricordi noi quando eravamo giovani? Che corteggiamento spietato, che corte ti ho fatto prima di sposarti?!
Moglie: Eh sì che me lo ricordo. Al primo appuntamento mi ha addirittura portato una primula di circa 1000 lire. Ti sei rovinato!
Marito: Ma come? Non ti era piaciuta?
Moglie: si certo ma è stato l'unico fiore che mi hai portato. Neanche quando sono nati i tuoi cinque figli ti sei degnato di portarmene. Neanche delle margherite di campo!
Marito: era inverno ed ero troppo emozionato per pensare ai fiori. Poi tesoro io ti ho sposata e ti ho mostrato il mio amore per 40 anni.
Moglie: si vabbè, ma guarda quel vecchio bacucco pieno di soldi che collana d'oro massiccio ha regalato a quella giovane ragazza!
Marito: e ti credo! Non certo per amore!
Moglie: sì amore, amore....!
Marito: ma cos'hai stasera? Pensavo che potesse essere una serata tranquilla noi due a teatro per la prima volta e invece sembra che ti abbia morso una tarantola!
Moglie: e certo dopo 40 anni che faccio la serva per tutti!
Marito: ma tutti chi? Ma scusa non sei contenta quando vengono i tuoi figli, i tuoi nipotini.....
Moglie: e le nuore che stanno sedute mentre tu cucini, fai la spesa, lavi i piatti per 15 persone....
Marito: ma se ti ho comprato la lavastoviglie!
Moglie: certo anche la lavatrice hai comprato ma i panni non ci saltano da soli dentro e non si appendono in autonomia!
Marito: vabbè! ho capito! Oggi sei inversa!
Moglie: guarda, guarda! Quella sì che è vita! Guarda che vestiti! Che colori, che vivacità!
Marito: e tu guarda quelli col tutù! Avevi capito che sono dei ragazzi vestiti e truccati come donne?
Moglie: allora, che c'è di strano?
Marito: ma certo che stasera sei tu strana! Hai sempre criticato le tue nuore quando andavano in discoteca e adesso non ci trovi niente di male!
Moglie: sei un bigotto! Cosa credi che essere uomo significa solo avere una moglie, dei figli e lavorare?
Marito: e cos'altro significa? A me sembrava di averti fatta felice tutti questi anni!
Moglie: certo a te sembrava! Ma se non ti sei neanche accorto neanche quando mi sono venute le doglie!! Guardavi la partita e io tra un pò partorivo in sala!
Marito: ecco la partita! Io venivo a vederla a casa, non andavo con gli amici al bar! Io capisco che tu lavoravi, ti occupavi della casa e dei bambini, ma pensavo ti facesse piacere occuparti di noi!
Moglie: e di me chi si è occupato? Guarda lei! Aveva ragione mia madre quando diceva che la fortuna è delle cocottes! Te lo dico in francese che sennò mi dici che sono volgare!
Marito: e che significa cocottes?
Moglie: sei un ignorante! Io con un titolo di studio avrei potuto avere un grande futuro! Avrei potuto essere una cantante, un'attrice o persino una soubrette!
Marito: intanto sei stonata come una campana e poi al massimo potresti fare la velona a Striscia o la corteggiatrice a uomini e donne tra quei rimbambiti!!
Moglie: eh se tornassi indietro! Altro che feste e festine come il grande Gatsby!
Marito: E chi è questo adesso?
Moglie: altro che distruggermi d'amore!
Marito: e cosa avresti fatto se non avessi incontrato me? Sentiamo!
Moglie: potessi viaggiare nel tempo tornerei all'epoca in cui le souffragettes si battevano per ottenere il diritto di voto e partecipare alla vita politica. Ma farei qualcosa di più. Cercherei di cambiare la testa degli uomini. Alla fine noi donne con la scusa dell'emancipazione ci siamo fatte prendere in giro di nuovo!
Marito: e per quale motivo?
Moglie: tu cosa fai quando torni dal lavoro?
Marito: e ora cosa c'entra? Mi metto sul divano e guardo la tv!
Moglie: ecco appunto!
Marito: ma da un'opera teatrale siamo finiti a parlare di cocottes, Gatsby, souffragettes che ancora devo capire chi sono tutti! E soprattutto non riesco a capire perchè ce l'hai con tutti!
Moglie: perché voi uomini siete tutti uguali! Guarda anche questo tizio, Ruggero, che per sposare una ragazza conosciuta in un night deve chiedere il permesso a mammina!
Marito: ma non era un night e lei aveva l'aspetto della brava ragazza!
Moglie: una brava ragazza non è in giro a quell'ora e poi quando mai vuoi uomini avete capito di brave o cattive ragazze! Ad esempio quell'arpia di tua madre l'hai sempre considerata un angelo!
Marito: ora cosa c'entra mia madre che è pure morta?
Moglie: e menomale! (Bisbiglia)
Marito: cosa hai detto?
Moglie: niente!
Marito: in tutti questi anni non hai mai detto nulla di tutto ciò!
Moglie: perchè conversare con te è come dialogare con un personaggio di Beckett! Non mi hai mai ascoltata!
Marito: ma chi è ora questo? Un calciatore?Lasciamo stare! Tu sei sempre stata logorroica poi mi parli di persone che non conosco come adesso. Ho dovuto tutelare il mio unico neurone, come dici tu!
E poi mi sfinivi perchè volevi andare in vacanza anche quando non avevamo soldi!
Moglie: e perchè guarda questi due! Senza un euro lui l'ha portata in Costa Azzurra da Parigi!
Marito: ma noi abbiamo superato mille difficoltà insieme!
Moglie: solo difficoltà! Mai una gioia!
Marito: siete proprio incontentabili voi donne! Guarda questa.....dice di amarlo ma lo lascia....per il suo bene! Ma da quando una donna lascia un uomo perchè lo ama troppo?
Moglie: Da quando il regista di Beautiful ha deciso che Brooke deve essere l'amante e moglie di tutti i personaggi maschili della soap!
Marito: tu con tutti i tuoi attori di telenovelas! Prima le cocottes, poi Gatsby e ora Brooke!
Moglie: ma come ho fatto a sposarti? Non capisci veramente niente!
Marito: siamo in vena di complimenti stasera! E io cosa dovrei dire che da quando sono nati i tuoi figli sembri la protagonista di Psyco? Sempre isterica e schizofrenica!
Moglie: vabbè! Intanto è finita! Il giusto epilogo! D'altronde cosa ci si poteva aspettare da una come lei: studentessa di esperienza( e che esperienza!), amante di un riccone e frequentatrice di personaggi equivoci....
Marito: ora sono equivoci? Prima hai detto che non c'era niente di male! Stasera proprio non ti capisco!
Moglie: solo stasera?!
Marito: bene, allora cosa vuoi fare adesso?
Moglie: cosa voglio fare?
Marito: stasera me ne hai dette di tutti i colori!
Moglie: te le dico tutti i giorni, ma tu non ascolti! Adesso ti appare tutto come una epifania!
Marito: epifania? Ma che c'entra la Befana ora?
Moglie: lascia perdere....andiamo a fare la spesa che domani è domenica e vengono i ragazzi!
Marito ma non eri stufa di fare la serva per tutti?
Escono dal Carlo Felice
Marito: ma allora cosa ti è piaciuto di quest'opera?
Moglie: i vestiti e le scenografie con quei quadri di donne imponenti!
E della storia mi è piaciuta la scelta di Magda. D'altronde ha salvato Ruggiero da una moglie destinata ad essere frustrata!
Marito: e daje!
Moglie: si sono salvati entrambi a dire il vero. Lei avrebbe capito che lavare, stirare e badare ai figli non sarebbe stato così divertente e lui si è evitato di diventare il suo zerbino! I soldi non danno la felicità ma ti aiutano a vivere meglio?
Marito: in tutti questi anni mi hai detto esattamente il contrario. Quindi non sei felice?
Moglie: devo ricominciare da capo?
Marito: lascia stare, per carità!
Suona il cellulare
Figlio: pronto! Mamma! Guarda che domani veniamo per pranzo!
Moglie: ok amore di mamma! Cosa ti preparo? Le lasagne di mamma che ti piacciono tanto o ti faccio le tagliatelle? Magari preparo anche le polpette per i bambini che come le faccio io le adorano!
Marito (sottovoce): ecco il personaggio di Shining! Chiamano i suoi figli e sembra la suora di Sister Act, suor Maria Claretta!
Moglie: ti ho sentito sai! Sbrigati che devo iniziare a cucinare. Non lamentarti sempre!
Marito: ah, io?!
Questo per dire che alla fine che si tratti di Magda, donna moderna ed emancipata, o moglie e madre servile, le donne, quasi tutte, decidono dalla notte dei tempi del proprio destino!
Dedicata al mio ispiratore Danilo Demi
Marito: Amore ma ti ricordi noi quando eravamo giovani? Che corteggiamento spietato, che corte ti ho fatto prima di sposarti?!
Moglie: Eh sì che me lo ricordo. Al primo appuntamento mi ha addirittura portato una primula di circa 1000 lire. Ti sei rovinato!
Marito: Ma come? Non ti era piaciuta?
Moglie: si certo ma è stato l'unico fiore che mi hai portato. Neanche quando sono nati i tuoi cinque figli ti sei degnato di portarmene. Neanche delle margherite di campo!
Marito: era inverno ed ero troppo emozionato per pensare ai fiori. Poi tesoro io ti ho sposata e ti ho mostrato il mio amore per 40 anni.
Moglie: si vabbè, ma guarda quel vecchio bacucco pieno di soldi che collana d'oro massiccio ha regalato a quella giovane ragazza!
Marito: e ti credo! Non certo per amore!
Moglie: sì amore, amore....!
Marito: ma cos'hai stasera? Pensavo che potesse essere una serata tranquilla noi due a teatro per la prima volta e invece sembra che ti abbia morso una tarantola!
Moglie: e certo dopo 40 anni che faccio la serva per tutti!
Marito: ma tutti chi? Ma scusa non sei contenta quando vengono i tuoi figli, i tuoi nipotini.....
Moglie: e le nuore che stanno sedute mentre tu cucini, fai la spesa, lavi i piatti per 15 persone....
Marito: ma se ti ho comprato la lavastoviglie!
Moglie: certo anche la lavatrice hai comprato ma i panni non ci saltano da soli dentro e non si appendono in autonomia!
Marito: vabbè! ho capito! Oggi sei inversa!
Moglie: guarda, guarda! Quella sì che è vita! Guarda che vestiti! Che colori, che vivacità!
Marito: e tu guarda quelli col tutù! Avevi capito che sono dei ragazzi vestiti e truccati come donne?
Moglie: allora, che c'è di strano?
Marito: ma certo che stasera sei tu strana! Hai sempre criticato le tue nuore quando andavano in discoteca e adesso non ci trovi niente di male!
Moglie: sei un bigotto! Cosa credi che essere uomo significa solo avere una moglie, dei figli e lavorare?
Marito: e cos'altro significa? A me sembrava di averti fatta felice tutti questi anni!
Moglie: certo a te sembrava! Ma se non ti sei neanche accorto neanche quando mi sono venute le doglie!! Guardavi la partita e io tra un pò partorivo in sala!
Marito: ecco la partita! Io venivo a vederla a casa, non andavo con gli amici al bar! Io capisco che tu lavoravi, ti occupavi della casa e dei bambini, ma pensavo ti facesse piacere occuparti di noi!
Moglie: e di me chi si è occupato? Guarda lei! Aveva ragione mia madre quando diceva che la fortuna è delle cocottes! Te lo dico in francese che sennò mi dici che sono volgare!
Marito: e che significa cocottes?
Moglie: sei un ignorante! Io con un titolo di studio avrei potuto avere un grande futuro! Avrei potuto essere una cantante, un'attrice o persino una soubrette!
Marito: intanto sei stonata come una campana e poi al massimo potresti fare la velona a Striscia o la corteggiatrice a uomini e donne tra quei rimbambiti!!
Moglie: eh se tornassi indietro! Altro che feste e festine come il grande Gatsby!
Marito: E chi è questo adesso?
Moglie: altro che distruggermi d'amore!
Marito: e cosa avresti fatto se non avessi incontrato me? Sentiamo!
Moglie: potessi viaggiare nel tempo tornerei all'epoca in cui le souffragettes si battevano per ottenere il diritto di voto e partecipare alla vita politica. Ma farei qualcosa di più. Cercherei di cambiare la testa degli uomini. Alla fine noi donne con la scusa dell'emancipazione ci siamo fatte prendere in giro di nuovo!
Marito: e per quale motivo?
Moglie: tu cosa fai quando torni dal lavoro?
Marito: e ora cosa c'entra? Mi metto sul divano e guardo la tv!
Moglie: ecco appunto!
Marito: ma da un'opera teatrale siamo finiti a parlare di cocottes, Gatsby, souffragettes che ancora devo capire chi sono tutti! E soprattutto non riesco a capire perchè ce l'hai con tutti!
Moglie: perché voi uomini siete tutti uguali! Guarda anche questo tizio, Ruggero, che per sposare una ragazza conosciuta in un night deve chiedere il permesso a mammina!
Marito: ma non era un night e lei aveva l'aspetto della brava ragazza!
Moglie: una brava ragazza non è in giro a quell'ora e poi quando mai vuoi uomini avete capito di brave o cattive ragazze! Ad esempio quell'arpia di tua madre l'hai sempre considerata un angelo!
Marito: ora cosa c'entra mia madre che è pure morta?
Moglie: e menomale! (Bisbiglia)
Marito: cosa hai detto?
Moglie: niente!
Marito: in tutti questi anni non hai mai detto nulla di tutto ciò!
Moglie: perchè conversare con te è come dialogare con un personaggio di Beckett! Non mi hai mai ascoltata!
Marito: ma chi è ora questo? Un calciatore?Lasciamo stare! Tu sei sempre stata logorroica poi mi parli di persone che non conosco come adesso. Ho dovuto tutelare il mio unico neurone, come dici tu!
E poi mi sfinivi perchè volevi andare in vacanza anche quando non avevamo soldi!
Moglie: e perchè guarda questi due! Senza un euro lui l'ha portata in Costa Azzurra da Parigi!
Marito: ma noi abbiamo superato mille difficoltà insieme!
Moglie: solo difficoltà! Mai una gioia!
Marito: siete proprio incontentabili voi donne! Guarda questa.....dice di amarlo ma lo lascia....per il suo bene! Ma da quando una donna lascia un uomo perchè lo ama troppo?
Moglie: Da quando il regista di Beautiful ha deciso che Brooke deve essere l'amante e moglie di tutti i personaggi maschili della soap!
Marito: tu con tutti i tuoi attori di telenovelas! Prima le cocottes, poi Gatsby e ora Brooke!
Moglie: ma come ho fatto a sposarti? Non capisci veramente niente!
Marito: siamo in vena di complimenti stasera! E io cosa dovrei dire che da quando sono nati i tuoi figli sembri la protagonista di Psyco? Sempre isterica e schizofrenica!
Moglie: vabbè! Intanto è finita! Il giusto epilogo! D'altronde cosa ci si poteva aspettare da una come lei: studentessa di esperienza( e che esperienza!), amante di un riccone e frequentatrice di personaggi equivoci....
Marito: ora sono equivoci? Prima hai detto che non c'era niente di male! Stasera proprio non ti capisco!
Moglie: solo stasera?!
Marito: bene, allora cosa vuoi fare adesso?
Moglie: cosa voglio fare?
Marito: stasera me ne hai dette di tutti i colori!
Moglie: te le dico tutti i giorni, ma tu non ascolti! Adesso ti appare tutto come una epifania!
Marito: epifania? Ma che c'entra la Befana ora?
Moglie: lascia perdere....andiamo a fare la spesa che domani è domenica e vengono i ragazzi!
Marito ma non eri stufa di fare la serva per tutti?
Escono dal Carlo Felice
Marito: ma allora cosa ti è piaciuto di quest'opera?
Moglie: i vestiti e le scenografie con quei quadri di donne imponenti!
E della storia mi è piaciuta la scelta di Magda. D'altronde ha salvato Ruggiero da una moglie destinata ad essere frustrata!
Marito: e daje!
Moglie: si sono salvati entrambi a dire il vero. Lei avrebbe capito che lavare, stirare e badare ai figli non sarebbe stato così divertente e lui si è evitato di diventare il suo zerbino! I soldi non danno la felicità ma ti aiutano a vivere meglio?
Marito: in tutti questi anni mi hai detto esattamente il contrario. Quindi non sei felice?
Moglie: devo ricominciare da capo?
Marito: lascia stare, per carità!
Suona il cellulare
Figlio: pronto! Mamma! Guarda che domani veniamo per pranzo!
Moglie: ok amore di mamma! Cosa ti preparo? Le lasagne di mamma che ti piacciono tanto o ti faccio le tagliatelle? Magari preparo anche le polpette per i bambini che come le faccio io le adorano!
Marito (sottovoce): ecco il personaggio di Shining! Chiamano i suoi figli e sembra la suora di Sister Act, suor Maria Claretta!
Moglie: ti ho sentito sai! Sbrigati che devo iniziare a cucinare. Non lamentarti sempre!
Marito: ah, io?!
Questo per dire che alla fine che si tratti di Magda, donna moderna ed emancipata, o moglie e madre servile, le donne, quasi tutte, decidono dalla notte dei tempi del proprio destino!
L'ultimo spettacolo
L'esperienza di tre stagioni al Carlo Felice di alcune alunne della 3C
Ciao! Siamo alcuni dei ragazzi della classe 3C. Non ci siamo mai soffermati più di tanto a rifletterci, ma la nostra scuola, seppur con qualche difficoltà, mette sempre in prima posizione l’apprendimento degli studenti, non solo con verifiche o interrogazioni, ma anche con uscite, gite e attività di diverso genere: cineforum, incontri con la capitaneria e con i carabinieri, visite a mostre o musei. Fra tutte però i più “tradizionali”, assieme alle giornate sugli sci, sono gli spettacoli al teatro Carlo Felice di Genova.
Attraverso balletti e opere liriche abbiamo imparato a conoscere i diversi compositori e a riconoscerli a seconda del loro genere. Spesso le opere teatrali riflettono la personalità dell’autore stesso, questo ci ha aiutato a immedesimarci maggiormente nella vita di questi grandi geni della musica, ad esempio nell’opera del “Don Giovanni” si può identificare il difficile rapporto che Mozart aveva con suo padre, o ancora nella “Traviata” si possono individuare alcune caratteristiche della relazione tra Verdi e Giuseppina Strepponi.
A nostro parere il teatro è un modo di vedere le cose da un altro punto di vista. È come scattare una foto allo stesso paesaggio ma da diverse angolazioni: non ci saranno gli stessi identici soggetti disposti al medesimo modo, cambieranno di volta in volta, ma il paesaggio rimarrà sempre lo stesso. Il teatro è proprio questo, vedere le cose da un’altra prospettiva.
Le opere che ci hanno suscitato più emozioni sono quelle in cui grandi problemi vengono affrontati in modo alternativo e, a volte, divertente, come nel caso di “Miseria e Nobiltà” o dell’“Elisir d’amore”. Forse ciò che non ci dimenticheremo mai è quello che abbiamo provato quando abbiamo visto quel sipario rosso aprirsi per la prima volta davanti a noi, che non sapevamo cosa aspettarci, ma eravamo consapevoli di incominciare un nuovo viaggio. Altrettanto forte è stata l’emozione provata alla chiusura del sipario alla fine dell’ultimo spettacolo. Ciò che ci mancherà non è tanto il fatto di non andare più a teatro, quello potremo ancora farlo, ma tutto ciò che ci sta dietro: recitare le parti in classe indossando vestiti strambi, uscire da scuola prima e andare a casa di un amico, vedere i propri compagni con abiti più sofisticati ed eleganti del solito, aspettare, talvolta anche al freddo, le altre classi per fare la foto in piazza De Ferrari, prendere più volantini possibile per consegnarli ai compagni, fare la gara per i posti migliori, posare la giacca e correre a fare lo scontrino al bar, commentare con il proprio “compagno di sedile” ciò che accade sul palco e svegliare gli amici più pigri, alzarsi in piedi alla fine di ogni spettacolo e fare il cuore ai cantanti nella speranza che ricambino il gesto, quel momento di ansia comune durante la corsa ai pullman per paura di perdere il proprio gruppo; questo è sicuramente ciò che non dimenticheremo.
Vogliamo rigraziare, a nome di tutta la classe, i professori e i collaboratori scolastici che si sono resi disponibili ad accompagnarci, a volte magari contro voglia, ma in particolare la professoressa Nadia Chiarlone per essere sempre riuscita a convincere tutti gli accompagnatori e soprattutto per aver provato ed essere stata in grado di trasmetterci la sua passione per la musica e per il teatro.
Sicuramente in questa scuola lasceremo una parte di noi.
Elisa, Arianna, Carlotta e Beatrice
L'esperienza di tre stagioni al Carlo Felice di alcune alunne della 3C
Ciao! Siamo alcuni dei ragazzi della classe 3C. Non ci siamo mai soffermati più di tanto a rifletterci, ma la nostra scuola, seppur con qualche difficoltà, mette sempre in prima posizione l’apprendimento degli studenti, non solo con verifiche o interrogazioni, ma anche con uscite, gite e attività di diverso genere: cineforum, incontri con la capitaneria e con i carabinieri, visite a mostre o musei. Fra tutte però i più “tradizionali”, assieme alle giornate sugli sci, sono gli spettacoli al teatro Carlo Felice di Genova.
Attraverso balletti e opere liriche abbiamo imparato a conoscere i diversi compositori e a riconoscerli a seconda del loro genere. Spesso le opere teatrali riflettono la personalità dell’autore stesso, questo ci ha aiutato a immedesimarci maggiormente nella vita di questi grandi geni della musica, ad esempio nell’opera del “Don Giovanni” si può identificare il difficile rapporto che Mozart aveva con suo padre, o ancora nella “Traviata” si possono individuare alcune caratteristiche della relazione tra Verdi e Giuseppina Strepponi.
A nostro parere il teatro è un modo di vedere le cose da un altro punto di vista. È come scattare una foto allo stesso paesaggio ma da diverse angolazioni: non ci saranno gli stessi identici soggetti disposti al medesimo modo, cambieranno di volta in volta, ma il paesaggio rimarrà sempre lo stesso. Il teatro è proprio questo, vedere le cose da un’altra prospettiva.
Le opere che ci hanno suscitato più emozioni sono quelle in cui grandi problemi vengono affrontati in modo alternativo e, a volte, divertente, come nel caso di “Miseria e Nobiltà” o dell’“Elisir d’amore”. Forse ciò che non ci dimenticheremo mai è quello che abbiamo provato quando abbiamo visto quel sipario rosso aprirsi per la prima volta davanti a noi, che non sapevamo cosa aspettarci, ma eravamo consapevoli di incominciare un nuovo viaggio. Altrettanto forte è stata l’emozione provata alla chiusura del sipario alla fine dell’ultimo spettacolo. Ciò che ci mancherà non è tanto il fatto di non andare più a teatro, quello potremo ancora farlo, ma tutto ciò che ci sta dietro: recitare le parti in classe indossando vestiti strambi, uscire da scuola prima e andare a casa di un amico, vedere i propri compagni con abiti più sofisticati ed eleganti del solito, aspettare, talvolta anche al freddo, le altre classi per fare la foto in piazza De Ferrari, prendere più volantini possibile per consegnarli ai compagni, fare la gara per i posti migliori, posare la giacca e correre a fare lo scontrino al bar, commentare con il proprio “compagno di sedile” ciò che accade sul palco e svegliare gli amici più pigri, alzarsi in piedi alla fine di ogni spettacolo e fare il cuore ai cantanti nella speranza che ricambino il gesto, quel momento di ansia comune durante la corsa ai pullman per paura di perdere il proprio gruppo; questo è sicuramente ciò che non dimenticheremo.
Vogliamo rigraziare, a nome di tutta la classe, i professori e i collaboratori scolastici che si sono resi disponibili ad accompagnarci, a volte magari contro voglia, ma in particolare la professoressa Nadia Chiarlone per essere sempre riuscita a convincere tutti gli accompagnatori e soprattutto per aver provato ed essere stata in grado di trasmetterci la sua passione per la musica e per il teatro.
Sicuramente in questa scuola lasceremo una parte di noi.
Elisa, Arianna, Carlotta e Beatrice
27 febbraio 2018
TEATRO CARLO FELICE - Genova - "Miseria & Nobiltà"
MISERIA & NOBILTA' - Recensione del prof. Danilo Demi
Me lo sarei dovuto aspettare.
Avevo un mezzo presentimento proprio questa mattina, mentre prendevo il mio primo caffè. Poi una giornata incasinata e aterosclerotica me lo ha fatto dimenticare.
Errore.
Me lo sono trovato lì, seduto proprio nel posto accanto al mio, quando, lasciata passare un’orda di ragazzini delle scuole (maschietti tirati a lucido, femminucce bardate come al ballo delle debuttanti – tutti peraltro stranamente compiti ed educati), mi sono avvicinato alla mia poltrona di seconda fila davanti all’orchestra.
Chi?
Purtroppo lo sapete già o lo immaginate: è lui, il mio amico Gonzo. L’incubo dei miei pomeriggi al Carlo Felice.
Credevo di averlo seminato questa volta, dopo settimane di silenzio e svicolamenti vari. Invece era lì. Come diavolo avrà fatto? Avrà forse intercettato sul gruppo WhatsApp qualcuno delle centinaia di messaggi che la Nadia mi manda per l’organizzazione del teatro e che io puntualmente non leggo? Sono fatto così anch’io: incorreggibile.
Comunque sia stato, lui era lì.
- Ti aspettavo – dice. - Non avevo voglia di mandarti tutti quegli sms come l’altra volta dello Schiaccianoci, che proprio non ci ho capito un tubo. E poi, seduta vicino a me, c’era una bionda con gli occhiali, tutta tirata, che mi guardava sempre male ogni volta che messaggiavo. Dev’essere stata una prof, visto che era pieno di ragazzini delle scuole. –
- Basta! Adesso mi siedo e tu la pianti, va bene? Sono stufo di fare brutte figure con te! –
Grugnisce. Ma ha la faccia di bronzo, non credo che la smetterà così facilmente.
Infatti.
- Senti, ma perché “miseria e nobiltà”? Si parla di nobili ricchi che son diventati poveri? O di poveri che hanno vinto al totocalcio e son diventati ricchi? –
- Ma nooo, è un’allegoria! –
- E chi sarebbe questa? Una che si chiama Allegoria mi sembra già sfigata in partenza … -
- Per l’amor di dio! “Miseria e nobiltà” è il titolo di una commedia dell’Ottocento, poi ripresa in un film di Totò di parecchi anni fa, un film comico ma anche amaro… -
- Aspetta, aspetta. Non fare subito il professore. Questa volta mi sono documentato. -
A momenti cado dalla poltroncina. Strabuzzo gli occhi. Non ci posso credere. Che Gonzo sia stato preso da un raptus improvviso? Tutto ciò che per lui va oltre il campionato di calcio mi sembra una cosa impossibile. Ma tutto può essere. Non mettiamo limiti alla provvidenza.
- Documentato? – chiedo.
- Sì, ho visto un articolo sul giornale! –
- Quale giornale? –
- Che cavolo ne so! Era un pezzo di giornale che avvolgeva delle uova. Però non è che ci abbia capito molto.-
Mi sento quasi rinfrancato. L’idea che Gonzo si stia improvvisamente acculturando mi ha quasi fatto venire i sudori freddi. Tutto sommato lo preferisco così: sboccato, volgare, senza peli sulla lingua, ma tutto sommato sincero e acuto, a modo suo.
– Allora prima lo guardiamo e poi ne parliamo, va bene? –
……………………………………………………..
- Certo che ‘sti qui son proprio messi male! Che rovine! Le stanze senza pareti o senza tetto! Meno male che è tutto finto, altrimenti… Guarda quella! Il panettiere le carezza la gamba con una pagnotta! E lei ci sta! Deve essere una che fa la vita … e forse anche la figlia: ma è solo una bambina! Ci sono anche dei marinai americani! Qui sembra proprio un gran casino! –
- Beh, siamo nel ’46, la guerra è finita da poco. La gente non ha lavoro, né casa, né cibo, niente di niente. Si arrangiano come possono, devono sopravvivere in qualche modo. Però sperano, amano, combattono! Sta nascendo pure un bambino! -
- Son talmente messi male che la statua della fontana, nella piazza, s’è seduta sul piedistallo e gira la schiena a tutti! –
- Toh! È vero. Non pensavo fossi così attento! –
- Guarda che io non sono mica scemo anche se lo sembro! –
- Non ti scaldare, non intendevo dire quello! –
È inutile spiegare. Si è già rivolto ad altro.
- Ma adesso cosa succede? Perché si picchiano fra di loro? –
- Perché è il 2 giugno del ’46: si deve votare per scegliere tra Repubblica e la Monarchia. Pensa che oggi è la prima volta che votano persino le donne! –
- Certo che rispetto ad altri Paesi come l’Inghilterra e l’America, dove hanno iniziato a votare un bel po’ prima, siamo proprio avanti! Però questi poveracci, nello stato in cui sono, stanno a pensare alla politica? –
- La politica fa parte della vita di tutti: anche se sei povero, non puoi esimerti da esprimere le tue idee e combattere per esse! -
- Io però il re lo avrei mandato a quel paese già da prima: uno che al primo pericolo molla tutto e scappa lasciando l’Italia nella m…! -
- Shhh. Zitto! Non urlare! Hai ragione ma devi parlare sottovoce! -
- Vabbè, vabbè. È che io mi ci arrabbio su queste cose. -
Improvvisamente mi arriva una gomitata nel fianco. Soffoco un’imprecazione.
- Qui, dietro di me, sulla destra. C’è di nuovo quella prof bionda con gli occhiali! Mi sta guardando male! –
- Vorrà dire che è stufa di vederti e di sentirti! Adesso stai zitto e guarda. -
……………………………………………………..
- E chi è ‘sta mora vestita di giallo che ondeggia le anche? Guarda il vecchiaccio: secondo me se la vuole intortare. -
- Zitto! È una brava ragazza: fa la prima ballerina al San Carlo. –
- Che San Carlo e San Carlo, foss’anche al Mokambo, a me lei sembra una ragazza un po’ facile. E secondo me lui è sposato. Vecchio bavoso! -
- Lui è un principe, ed è il padre del fidanzato di lei. -
- Bella roba! Vedi che ci ho azzeccato? -
- Ma lei se lo toglie dai piedi. -
- Sì, sì, lo dici tu! Secondo me lei ci starebbe anche! È solo questione di soldi! –
- Sei cinico da far schifo! – Non riesco a trattenermi.
……………………………………………………..
- Però, ‘sto Sciosciammocca a me piace. Sì, è uno sfigato e anche cornuto, però dice: “Più che dei prìncipi mi piacciono i princìpi”, non mi dispiace questa frase!
- Mi sa che stai centrando l’argomento fondamentale… -
- Guarda! Adesso tutti i poveri si stanno avvicinando verso di lui, come se marciassero lentamente… Questo mi ricorda… aspetta… un’immagine, qualcosa che ho visto da qualche parte… –
- Sì, sembra il “Quarto Stato”, un quadro di Pelizza da Volpedo. La marcia silenziosa del popolo oppresso. -
- Cosa sia non lo so. A me pare che fosse la pubblicità di un famoso caffè o di una marca di pannolini. Però è proprio uguale. –
- Non so se devo farti i complimenti o mettermi a piangere. -
……………………………………………………..
- Questa sì che è una vera casa! Non le catapecchie di prima! E hai visto come si è trasformato Sciosciammocca? È diventato pure str…zo! –
- Perché, dopo l’esperienza che ha avuto, pensa che tutti i nobili siano presuntuosi e arroganti. Così adesso, per entrare meglio nella parte, lo è diventato anche lui. –
- Appunto. E io che ho detto? Str…zo . Guarda come tratta il padrone di casa! Eppure lui è soltanto un ospite. Io, quando vengo a casa tua, mica mi comporto così? –
- E ci mancherebbe ancora! Anche se non è che tu sia un mostro di educazione… Comunque, i nuovi ricchi, quelli che si sono arricchiti durante la guerra, magari con la borsa nera come questo personaggio, sono intimoriti dai nobili, perché hanno ancora l’antico timore reverenziale di quando si pensava che fossero stati eletti da dio. –
- Sì, aspetta che si sveglino e che capiscano che spesso i principi non sono poi così ricchi come fanno credere, e sai la presunzione quelli dove se la possono mettere di fronte ai loro soldi? –
- Non me lo dire, lo immagino. Del resto è vero. Chi è nobile spesso ha dilapidato ricchezze spendendo e spandendo proprio perché non se le è guadagnate di persona. -
- Adesso mi metto a piangere. Poveri nobili! Ma cosa dici! Sono str…zi come il padre della ballerina che ha speculato sulla guerra e sulla fame della gente. E adesso si è fatto una bellissima casa, anche con una statua nel salotto: quella sì che è in piedi sul piedistallo di marmo! Non come quella nella piazza dei poveri! Te lo dico io: se fossero tutti un po’ più poveri, forse si sentirebbero un po’ più uguali. Non credi? –
- Sì, ma forse …-
Non mi ascolta più. Si è girato verso la prof e, scommetto, le ha fatto l’occhiolino, a giudicare dall’espressione imbarazzata di lei.
……………………………………………………..
- Adesso scoppia un bel casino se si incontrano! Ecco, te l’avevo detto che era la madre! Certo che ne ha impiegato un po’ di tempo a farsi viva! Poteva aspettare ancora un po’ già che c’era! –
- Non è proprio così: aspetta e andiamo avanti. -
- Toh! Ecco che arriva quel vecchio bavoso di principe. Se fossi Sciosciammocca gli romperei il grugno! Ma forse non ha le palle per farlo. -
- Aspetta. Vedi? Si scopre che lei ha ceduto al principe per far ridare il lavoro di maestro al marito. –
- E perché aveva perso il lavoro? –
- Perché non voleva prendere la tessera del Fascio. –
- Ma allora è come oggi! Se non hai la raccomandazione – magari di qualche partito – mica lo trovi un posto di lavoro sicuro! -
- Allora era un po’ diverso: anche mio nonno, bravo operaio, non ha potuto lavorare in nessuna fabbrica perché non era scritto al Partito Fascista. –
- Appunto! E io cosa dicevo? È la stessa cosa precisa identica che accade oggi! –
……………………………………………………..
- Adesso cosa succede che sono tutti in festa? –
- È il 2 giugno 1946, ha vinto la Repubblica, sono felici per questo! –
- Che cosa hanno da ridere e cantare? Sono poveri in canna. Repubblica o monarchia, che differenza c’è, tanto rimarranno sempre in miseria!
- Fanno festa perché pensano che il cambiamento porti loro maggiore prosperità ed una speranza di vita migliore. Questo pensano. –
- Bravi, bravi, non hanno capito un tubo! Lo vedi cosa si dicono i due vecchiacci? Uno ha le terre, l’altro i soldi: si mettono insieme e rifanno l’Italia sotto la bandiera della Democrazia, quella Cristiana però! E i poveracci se lo pigliano comunque in quel posto! -
Non posso dargli torto, andrà a finire proprio così. Come sempre del resto. Non c’è mai stato nulla di diverso nella storia: vedi la Rivoluzione francese, vedi quella russa. Gira gira, in sostanza non è mai cambiato nulla. Mutatis mutandis….
Devo averlo detto ad alta voce perché Gonzo si gira verso di me.
- Cosa c’entrano le mutande adesso? Se diventato scemo? Anche tu come quei due allocchi che si sposano? Vorrei proprio vedere se lui continuerà a farle fare la ballerina una volta sposati! Come quella che è stata perdonata dal marito? Bisogna vedere se lui l’ha perdonata per davvero! A me l’unico furbo sembra Peppiniello, che almeno si è proclamato domestico, visto che il vecchio servitore è un po’ rimbambito. -
- Però Sciosciammocca l’ha capito, è disincantato. Dice, come il Gattopardo, che tutto è cambiato ma tutto resterà come prima e che nella vita di ognuno ci sarà sempre un po’ di miseria e un po’ di nobiltà. –
- Senti, io non so chi sia quell’animale lì - gattopardo – che hai detto, ma non ci voleva tanta scienza per capire. Basta guardarsi attorno. E quanto alla miseria e alla nobiltà, mi fa ridere: se sei povero la vita ti morde, ti mastica per bene e poi ti sputa! Altroché. Il resto sono tutte stupidaggini. Adesso mi sono rotto. Vado a spararmi una bella birra! Vieni anche tu? No no, stai pure qui. Mi sa che la prof bionda qui dietro ti vuole parlare. Ciao, alla prossima!!! -
Resto lì, un po’ sorpreso e imbambolato. Mi accade quasi sempre quando parlo con Gonzo. Nonostante le apparenze non è uno facile.
Intanto sul palco sfilano i protagonisti. I ragazzini applaudono. La madre di Peppiniello è la più acclamata: se lo merita. Il principe viene quasi fischiato. Brutto il mestiere dell’attore: il personaggio ti rimane incollato addosso come una condanna.
Rifletto. Quest’opera mi ha disturbato, come avere la piega di un calzino in una scarpa che non riesci a mettere a posto. Non so perché. Cerco delle risposte a domande che non riesco neppure a pormi, da quanto sono indefinite e sfuggenti.
Non capisco se sia la musica, o il canto, o le parole, o tutte e due: qualcosa che stride e continua a stridere dentro, anche ripensandoci con calma.
Con Mozart o Rossini però mi sembra che questo non accada. Tutto fluisce come una logica armonia, e ti lascia un gusto dolce nella mente e nel cuore.
Basta. Quasi quasi vado a farmi una birra insieme a Gonzo. E poi magari ci rivediamo insieme il film con Totò.
Me lo sarei dovuto aspettare.
Avevo un mezzo presentimento proprio questa mattina, mentre prendevo il mio primo caffè. Poi una giornata incasinata e aterosclerotica me lo ha fatto dimenticare.
Errore.
Me lo sono trovato lì, seduto proprio nel posto accanto al mio, quando, lasciata passare un’orda di ragazzini delle scuole (maschietti tirati a lucido, femminucce bardate come al ballo delle debuttanti – tutti peraltro stranamente compiti ed educati), mi sono avvicinato alla mia poltrona di seconda fila davanti all’orchestra.
Chi?
Purtroppo lo sapete già o lo immaginate: è lui, il mio amico Gonzo. L’incubo dei miei pomeriggi al Carlo Felice.
Credevo di averlo seminato questa volta, dopo settimane di silenzio e svicolamenti vari. Invece era lì. Come diavolo avrà fatto? Avrà forse intercettato sul gruppo WhatsApp qualcuno delle centinaia di messaggi che la Nadia mi manda per l’organizzazione del teatro e che io puntualmente non leggo? Sono fatto così anch’io: incorreggibile.
Comunque sia stato, lui era lì.
- Ti aspettavo – dice. - Non avevo voglia di mandarti tutti quegli sms come l’altra volta dello Schiaccianoci, che proprio non ci ho capito un tubo. E poi, seduta vicino a me, c’era una bionda con gli occhiali, tutta tirata, che mi guardava sempre male ogni volta che messaggiavo. Dev’essere stata una prof, visto che era pieno di ragazzini delle scuole. –
- Basta! Adesso mi siedo e tu la pianti, va bene? Sono stufo di fare brutte figure con te! –
Grugnisce. Ma ha la faccia di bronzo, non credo che la smetterà così facilmente.
Infatti.
- Senti, ma perché “miseria e nobiltà”? Si parla di nobili ricchi che son diventati poveri? O di poveri che hanno vinto al totocalcio e son diventati ricchi? –
- Ma nooo, è un’allegoria! –
- E chi sarebbe questa? Una che si chiama Allegoria mi sembra già sfigata in partenza … -
- Per l’amor di dio! “Miseria e nobiltà” è il titolo di una commedia dell’Ottocento, poi ripresa in un film di Totò di parecchi anni fa, un film comico ma anche amaro… -
- Aspetta, aspetta. Non fare subito il professore. Questa volta mi sono documentato. -
A momenti cado dalla poltroncina. Strabuzzo gli occhi. Non ci posso credere. Che Gonzo sia stato preso da un raptus improvviso? Tutto ciò che per lui va oltre il campionato di calcio mi sembra una cosa impossibile. Ma tutto può essere. Non mettiamo limiti alla provvidenza.
- Documentato? – chiedo.
- Sì, ho visto un articolo sul giornale! –
- Quale giornale? –
- Che cavolo ne so! Era un pezzo di giornale che avvolgeva delle uova. Però non è che ci abbia capito molto.-
Mi sento quasi rinfrancato. L’idea che Gonzo si stia improvvisamente acculturando mi ha quasi fatto venire i sudori freddi. Tutto sommato lo preferisco così: sboccato, volgare, senza peli sulla lingua, ma tutto sommato sincero e acuto, a modo suo.
– Allora prima lo guardiamo e poi ne parliamo, va bene? –
……………………………………………………..
- Certo che ‘sti qui son proprio messi male! Che rovine! Le stanze senza pareti o senza tetto! Meno male che è tutto finto, altrimenti… Guarda quella! Il panettiere le carezza la gamba con una pagnotta! E lei ci sta! Deve essere una che fa la vita … e forse anche la figlia: ma è solo una bambina! Ci sono anche dei marinai americani! Qui sembra proprio un gran casino! –
- Beh, siamo nel ’46, la guerra è finita da poco. La gente non ha lavoro, né casa, né cibo, niente di niente. Si arrangiano come possono, devono sopravvivere in qualche modo. Però sperano, amano, combattono! Sta nascendo pure un bambino! -
- Son talmente messi male che la statua della fontana, nella piazza, s’è seduta sul piedistallo e gira la schiena a tutti! –
- Toh! È vero. Non pensavo fossi così attento! –
- Guarda che io non sono mica scemo anche se lo sembro! –
- Non ti scaldare, non intendevo dire quello! –
È inutile spiegare. Si è già rivolto ad altro.
- Ma adesso cosa succede? Perché si picchiano fra di loro? –
- Perché è il 2 giugno del ’46: si deve votare per scegliere tra Repubblica e la Monarchia. Pensa che oggi è la prima volta che votano persino le donne! –
- Certo che rispetto ad altri Paesi come l’Inghilterra e l’America, dove hanno iniziato a votare un bel po’ prima, siamo proprio avanti! Però questi poveracci, nello stato in cui sono, stanno a pensare alla politica? –
- La politica fa parte della vita di tutti: anche se sei povero, non puoi esimerti da esprimere le tue idee e combattere per esse! -
- Io però il re lo avrei mandato a quel paese già da prima: uno che al primo pericolo molla tutto e scappa lasciando l’Italia nella m…! -
- Shhh. Zitto! Non urlare! Hai ragione ma devi parlare sottovoce! -
- Vabbè, vabbè. È che io mi ci arrabbio su queste cose. -
Improvvisamente mi arriva una gomitata nel fianco. Soffoco un’imprecazione.
- Qui, dietro di me, sulla destra. C’è di nuovo quella prof bionda con gli occhiali! Mi sta guardando male! –
- Vorrà dire che è stufa di vederti e di sentirti! Adesso stai zitto e guarda. -
……………………………………………………..
- E chi è ‘sta mora vestita di giallo che ondeggia le anche? Guarda il vecchiaccio: secondo me se la vuole intortare. -
- Zitto! È una brava ragazza: fa la prima ballerina al San Carlo. –
- Che San Carlo e San Carlo, foss’anche al Mokambo, a me lei sembra una ragazza un po’ facile. E secondo me lui è sposato. Vecchio bavoso! -
- Lui è un principe, ed è il padre del fidanzato di lei. -
- Bella roba! Vedi che ci ho azzeccato? -
- Ma lei se lo toglie dai piedi. -
- Sì, sì, lo dici tu! Secondo me lei ci starebbe anche! È solo questione di soldi! –
- Sei cinico da far schifo! – Non riesco a trattenermi.
……………………………………………………..
- Però, ‘sto Sciosciammocca a me piace. Sì, è uno sfigato e anche cornuto, però dice: “Più che dei prìncipi mi piacciono i princìpi”, non mi dispiace questa frase!
- Mi sa che stai centrando l’argomento fondamentale… -
- Guarda! Adesso tutti i poveri si stanno avvicinando verso di lui, come se marciassero lentamente… Questo mi ricorda… aspetta… un’immagine, qualcosa che ho visto da qualche parte… –
- Sì, sembra il “Quarto Stato”, un quadro di Pelizza da Volpedo. La marcia silenziosa del popolo oppresso. -
- Cosa sia non lo so. A me pare che fosse la pubblicità di un famoso caffè o di una marca di pannolini. Però è proprio uguale. –
- Non so se devo farti i complimenti o mettermi a piangere. -
……………………………………………………..
- Questa sì che è una vera casa! Non le catapecchie di prima! E hai visto come si è trasformato Sciosciammocca? È diventato pure str…zo! –
- Perché, dopo l’esperienza che ha avuto, pensa che tutti i nobili siano presuntuosi e arroganti. Così adesso, per entrare meglio nella parte, lo è diventato anche lui. –
- Appunto. E io che ho detto? Str…zo . Guarda come tratta il padrone di casa! Eppure lui è soltanto un ospite. Io, quando vengo a casa tua, mica mi comporto così? –
- E ci mancherebbe ancora! Anche se non è che tu sia un mostro di educazione… Comunque, i nuovi ricchi, quelli che si sono arricchiti durante la guerra, magari con la borsa nera come questo personaggio, sono intimoriti dai nobili, perché hanno ancora l’antico timore reverenziale di quando si pensava che fossero stati eletti da dio. –
- Sì, aspetta che si sveglino e che capiscano che spesso i principi non sono poi così ricchi come fanno credere, e sai la presunzione quelli dove se la possono mettere di fronte ai loro soldi? –
- Non me lo dire, lo immagino. Del resto è vero. Chi è nobile spesso ha dilapidato ricchezze spendendo e spandendo proprio perché non se le è guadagnate di persona. -
- Adesso mi metto a piangere. Poveri nobili! Ma cosa dici! Sono str…zi come il padre della ballerina che ha speculato sulla guerra e sulla fame della gente. E adesso si è fatto una bellissima casa, anche con una statua nel salotto: quella sì che è in piedi sul piedistallo di marmo! Non come quella nella piazza dei poveri! Te lo dico io: se fossero tutti un po’ più poveri, forse si sentirebbero un po’ più uguali. Non credi? –
- Sì, ma forse …-
Non mi ascolta più. Si è girato verso la prof e, scommetto, le ha fatto l’occhiolino, a giudicare dall’espressione imbarazzata di lei.
……………………………………………………..
- Adesso scoppia un bel casino se si incontrano! Ecco, te l’avevo detto che era la madre! Certo che ne ha impiegato un po’ di tempo a farsi viva! Poteva aspettare ancora un po’ già che c’era! –
- Non è proprio così: aspetta e andiamo avanti. -
- Toh! Ecco che arriva quel vecchio bavoso di principe. Se fossi Sciosciammocca gli romperei il grugno! Ma forse non ha le palle per farlo. -
- Aspetta. Vedi? Si scopre che lei ha ceduto al principe per far ridare il lavoro di maestro al marito. –
- E perché aveva perso il lavoro? –
- Perché non voleva prendere la tessera del Fascio. –
- Ma allora è come oggi! Se non hai la raccomandazione – magari di qualche partito – mica lo trovi un posto di lavoro sicuro! -
- Allora era un po’ diverso: anche mio nonno, bravo operaio, non ha potuto lavorare in nessuna fabbrica perché non era scritto al Partito Fascista. –
- Appunto! E io cosa dicevo? È la stessa cosa precisa identica che accade oggi! –
……………………………………………………..
- Adesso cosa succede che sono tutti in festa? –
- È il 2 giugno 1946, ha vinto la Repubblica, sono felici per questo! –
- Che cosa hanno da ridere e cantare? Sono poveri in canna. Repubblica o monarchia, che differenza c’è, tanto rimarranno sempre in miseria!
- Fanno festa perché pensano che il cambiamento porti loro maggiore prosperità ed una speranza di vita migliore. Questo pensano. –
- Bravi, bravi, non hanno capito un tubo! Lo vedi cosa si dicono i due vecchiacci? Uno ha le terre, l’altro i soldi: si mettono insieme e rifanno l’Italia sotto la bandiera della Democrazia, quella Cristiana però! E i poveracci se lo pigliano comunque in quel posto! -
Non posso dargli torto, andrà a finire proprio così. Come sempre del resto. Non c’è mai stato nulla di diverso nella storia: vedi la Rivoluzione francese, vedi quella russa. Gira gira, in sostanza non è mai cambiato nulla. Mutatis mutandis….
Devo averlo detto ad alta voce perché Gonzo si gira verso di me.
- Cosa c’entrano le mutande adesso? Se diventato scemo? Anche tu come quei due allocchi che si sposano? Vorrei proprio vedere se lui continuerà a farle fare la ballerina una volta sposati! Come quella che è stata perdonata dal marito? Bisogna vedere se lui l’ha perdonata per davvero! A me l’unico furbo sembra Peppiniello, che almeno si è proclamato domestico, visto che il vecchio servitore è un po’ rimbambito. -
- Però Sciosciammocca l’ha capito, è disincantato. Dice, come il Gattopardo, che tutto è cambiato ma tutto resterà come prima e che nella vita di ognuno ci sarà sempre un po’ di miseria e un po’ di nobiltà. –
- Senti, io non so chi sia quell’animale lì - gattopardo – che hai detto, ma non ci voleva tanta scienza per capire. Basta guardarsi attorno. E quanto alla miseria e alla nobiltà, mi fa ridere: se sei povero la vita ti morde, ti mastica per bene e poi ti sputa! Altroché. Il resto sono tutte stupidaggini. Adesso mi sono rotto. Vado a spararmi una bella birra! Vieni anche tu? No no, stai pure qui. Mi sa che la prof bionda qui dietro ti vuole parlare. Ciao, alla prossima!!! -
Resto lì, un po’ sorpreso e imbambolato. Mi accade quasi sempre quando parlo con Gonzo. Nonostante le apparenze non è uno facile.
Intanto sul palco sfilano i protagonisti. I ragazzini applaudono. La madre di Peppiniello è la più acclamata: se lo merita. Il principe viene quasi fischiato. Brutto il mestiere dell’attore: il personaggio ti rimane incollato addosso come una condanna.
Rifletto. Quest’opera mi ha disturbato, come avere la piega di un calzino in una scarpa che non riesci a mettere a posto. Non so perché. Cerco delle risposte a domande che non riesco neppure a pormi, da quanto sono indefinite e sfuggenti.
Non capisco se sia la musica, o il canto, o le parole, o tutte e due: qualcosa che stride e continua a stridere dentro, anche ripensandoci con calma.
Con Mozart o Rossini però mi sembra che questo non accada. Tutto fluisce come una logica armonia, e ti lascia un gusto dolce nella mente e nel cuore.
Basta. Quasi quasi vado a farmi una birra insieme a Gonzo. E poi magari ci rivediamo insieme il film con Totò.
MISERIA & NOBILTA' - Recensione della prof. Francesca Bonaventura
19 dicembre 2017
TEATRO CARLO FELICE - Genova - "Lo schiaccianoci"
Teatro Carlo Felice di Genova
Lo schiaccianoci
19 dicembre 2017
Balletto
Pëtr Il’ič Čajkovskij
Regia e coreografia Amedeo Amodio
Scene e costumi Emanuele Luzzati
Direttore d’Orchestra Alessandro Ferrari
ideazione ombre Teatro Gioco Vita
realizzazione ombre L’Asina sull’Isolav
voce Gabriella Bartolomei
assistente coreografo Stefania Di Cosmo
disegno luci Marco Policastro
Orchestra e Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro di Voci Bianche Gino Tanasini
Durata del balletto:
Prima parte 65 minuti
intervallo 20 minuti
Seconda parte 62 minuti
Totale 2 ore e 27 minuti. Le durate sono indicative.
I fiori, la musica e i bambini sono i gioielli della vita.
Gli oggetti e le persone della vita diurna abitano anche quella notturna. Ma i sogni li trasformano: deformati, ingigantiti o rimpiccioliti, spesso riconoscibili solo da pochi dettagli, a volte spaventano e altre fanno ridere per la loro assurdità. E questo fin da bambini. Lo Schiaccianoci è il balletto che apre il sipario sul vivace e fantasioso mondo notturno infantile: è il sogno che una bambina, Clara, fa la notte di Natale, trasfigurandone tutti gli elementi, dagli invitati alla festa ai regali. Le gioie, i desideri e le paure dell’infanzia danzano su una musica di perfezione e trasparenza mozartiane, colorata di timbri fatati: raramente Čajkovskij è stato così elegante, raffinato, ironico, inventivo, leggero. Balletto ambientato a Natale diventato, col tempo, il balletto di Natale, è rinnovato dalle coreografie di Amedeo Amodio e dalla presenza del teatro d’ombre de “L’Asina sull’Isola”. Le scene sono di Lele Luzzati, di cui il Teatro Carlo Felice continua a tenere viva la memoria e l’opera, artista che proprio nell’infanzia e nel sogno ha scoperto le radici del suo inconfondibile stile.
Lo schiaccianoci
19 dicembre 2017
Balletto
Pëtr Il’ič Čajkovskij
Regia e coreografia Amedeo Amodio
Scene e costumi Emanuele Luzzati
Direttore d’Orchestra Alessandro Ferrari
ideazione ombre Teatro Gioco Vita
realizzazione ombre L’Asina sull’Isolav
voce Gabriella Bartolomei
assistente coreografo Stefania Di Cosmo
disegno luci Marco Policastro
Orchestra e Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro di Voci Bianche Gino Tanasini
Durata del balletto:
Prima parte 65 minuti
intervallo 20 minuti
Seconda parte 62 minuti
Totale 2 ore e 27 minuti. Le durate sono indicative.
I fiori, la musica e i bambini sono i gioielli della vita.
Gli oggetti e le persone della vita diurna abitano anche quella notturna. Ma i sogni li trasformano: deformati, ingigantiti o rimpiccioliti, spesso riconoscibili solo da pochi dettagli, a volte spaventano e altre fanno ridere per la loro assurdità. E questo fin da bambini. Lo Schiaccianoci è il balletto che apre il sipario sul vivace e fantasioso mondo notturno infantile: è il sogno che una bambina, Clara, fa la notte di Natale, trasfigurandone tutti gli elementi, dagli invitati alla festa ai regali. Le gioie, i desideri e le paure dell’infanzia danzano su una musica di perfezione e trasparenza mozartiane, colorata di timbri fatati: raramente Čajkovskij è stato così elegante, raffinato, ironico, inventivo, leggero. Balletto ambientato a Natale diventato, col tempo, il balletto di Natale, è rinnovato dalle coreografie di Amedeo Amodio e dalla presenza del teatro d’ombre de “L’Asina sull’Isola”. Le scene sono di Lele Luzzati, di cui il Teatro Carlo Felice continua a tenere viva la memoria e l’opera, artista che proprio nell’infanzia e nel sogno ha scoperto le radici del suo inconfondibile stile.
LO SCHIACCIANOCI - Recensione della prof. Francesca Bonaventura
24 Dicembre. È la vigilia di Natale ma tutto intorno non si vedono addobbi o decorazioni che annunciano l'evento. Lo si evince da una scritta che compare su un telo nero in modo inizialmente confuso con dei giochi di luce, tipo ombre cinesi, per poi diventare una scritta nitida.
I protagonisti due bambini dispettosi che vanno al letto dopo aver aperto i regali. Sono vestiti di bianco candido ma a questo candore si contrappongono i colori accesi degli abiti dei giocattoli animati, il nero dei teli che con movimenti visibili annuncia l'arrivo del buio e del suo potere onirico.
Tutto il palco è dominato da qualcosa di irreale e la musica di Cajkovskij suggestiona lo spettatore affinchè precipiti in un sonno profondo. Lo stesso in cui sprofondano i due fratelli, Clara e Fritz, dando vita a curiosi e grotteschi personaggi che invaderanno il palco sotto forma di pupazzi, marionette, burattini, soldatini, ballerine ma anche figure inquietanti come la Regina dei topi. Anche le pose delle ballerine assumono forme strane e spesso si vedono queste leggiadre principesse trasformarsi in rigidi manichini portate via di peso dai loro rispettivi partner.
La storia narrata prende la forma dello Stream of consciousness, il flusso di coscienza in cui il tempo e lo spazio si dilatano fino alla totale scomparsa della sequenza spazio-temporale. I balli ci portano in Cina, in Russia, in Arabia, in Spagna ma nulla è reale. Il sogno si è insidiato profondo, si è mescolato impercettibilmente alla realtà fino a confondersi. È inevitabile pensare a quanto assomigli al magico mondo di Alice in Wonderland col cappellaio matto, quello di Pinocchio nel Paese dei Balocchi, al mondo della Commedia dell'Arte richiamata alla memoria attraverso il personaggio di Arlecchina e soprattutto al mondo profondo dei bambini con la loro capacità ad immaginare e quindi cambiare la visione di esso. Gli abitanti che lo abitano sono soldatini, mimi, trampolieri, topi con una Regina e i sentimenti che lo dominano sono anch'essi contrastanti.
Come non riconoscere quindi gli stereotipi delle favole raccontate ai bambini prima di metterli a dormire?
Principi e principesse, streghe ed incantesimi, balli, musiche e vestiti da SOGNO.
Come non riconoscere allora i sogni reconditi di adolescenti a cui queste favole sono state raccontate e che vestiti e truccati di tutto punto come ad una serata di gala si sono preparati ansimanti alla messa in scena dello spettacolo dove ad essere protagonisti sono proprio loro con desideri, aspirazioni, sogni di essere domani il principe o la principessa della loro storia?
24 Dicembre. È la vigilia di Natale ma tutto intorno non si vedono addobbi o decorazioni che annunciano l'evento. Lo si evince da una scritta che compare su un telo nero in modo inizialmente confuso con dei giochi di luce, tipo ombre cinesi, per poi diventare una scritta nitida.
I protagonisti due bambini dispettosi che vanno al letto dopo aver aperto i regali. Sono vestiti di bianco candido ma a questo candore si contrappongono i colori accesi degli abiti dei giocattoli animati, il nero dei teli che con movimenti visibili annuncia l'arrivo del buio e del suo potere onirico.
Tutto il palco è dominato da qualcosa di irreale e la musica di Cajkovskij suggestiona lo spettatore affinchè precipiti in un sonno profondo. Lo stesso in cui sprofondano i due fratelli, Clara e Fritz, dando vita a curiosi e grotteschi personaggi che invaderanno il palco sotto forma di pupazzi, marionette, burattini, soldatini, ballerine ma anche figure inquietanti come la Regina dei topi. Anche le pose delle ballerine assumono forme strane e spesso si vedono queste leggiadre principesse trasformarsi in rigidi manichini portate via di peso dai loro rispettivi partner.
La storia narrata prende la forma dello Stream of consciousness, il flusso di coscienza in cui il tempo e lo spazio si dilatano fino alla totale scomparsa della sequenza spazio-temporale. I balli ci portano in Cina, in Russia, in Arabia, in Spagna ma nulla è reale. Il sogno si è insidiato profondo, si è mescolato impercettibilmente alla realtà fino a confondersi. È inevitabile pensare a quanto assomigli al magico mondo di Alice in Wonderland col cappellaio matto, quello di Pinocchio nel Paese dei Balocchi, al mondo della Commedia dell'Arte richiamata alla memoria attraverso il personaggio di Arlecchina e soprattutto al mondo profondo dei bambini con la loro capacità ad immaginare e quindi cambiare la visione di esso. Gli abitanti che lo abitano sono soldatini, mimi, trampolieri, topi con una Regina e i sentimenti che lo dominano sono anch'essi contrastanti.
Come non riconoscere quindi gli stereotipi delle favole raccontate ai bambini prima di metterli a dormire?
Principi e principesse, streghe ed incantesimi, balli, musiche e vestiti da SOGNO.
Come non riconoscere allora i sogni reconditi di adolescenti a cui queste favole sono state raccontate e che vestiti e truccati di tutto punto come ad una serata di gala si sono preparati ansimanti alla messa in scena dello spettacolo dove ad essere protagonisti sono proprio loro con desideri, aspirazioni, sogni di essere domani il principe o la principessa della loro storia?
A.S. 2016-2017
2 maggio 2017
TEATRO CARLO FELICE "Don Carlo"
Don Carlo
Musica di G. Verdi, libretto di J. Méry e C. du Locle
Teatro Carlo Felice, Genova
2 maggio 2017
Oggi è stato inevitabile. Non ho proprio potuto non portarlo con me. È il mio amico Gonzo. È da tempo che mi chiede di venire a teatro. Ed è una settimana che insiste. Non potevo far finta di niente, anche perché si è sistemato sotto casa mia da questa mattina presto, così, quando sono uscito, mi ha arpionato.
Lui non è cattivo. Soltanto è un po’… come dire… grezzo. Quando è con me penso sempre che mi possa far fare brutte figure. Oh, per essere schietto è veramente schietto, non ha peli sulla lingua. Penso che sia per questo che andiamo d’accordo: è come se fosse il mio alter ego, ma senza inibizioni. In un certo senso mi “è necessario” sentire la sua opinione, del tutto priva di sovrastrutture e savoir faire.
Così siamo seduti qui, le luci spente, il sipario che si apre tirato da due monaci, scuri e tetri, un flagellante che gocciola sangue sul pavimento, macchie che un terzo monaco deterge con devozione e fatica.
Io, d’altro canto, una grande fatica l’ho appena fatta per impedire a Gonzo di portare con sé una birra nascosta sotto il maglione, perché – lui dice – se non beve quando segue uno spettacolo non si diverte. Però ce l’ho fatta: alla fine ha capito che non era proprio il caso.
Adesso sta guardando la scena, assorto. Mi rilasso. Dura poco.
- Senti, ma cosa vuol dire Carlos Vu?
- È un nome. Ma Vu sta per quinto, in numeri romani. È il nome di un grande imperatore, di Spagna e d’Austria. Sul suo regno non tramontava mai il sole… Qui, nell’opera, è morto da poco.
- Mi sa che mi stai raccontando m..........
- Shhh. Zitto. Fammi ascoltare.
…………………………………………………………………….
- Ma chi è quello sfigato lì, con la faccia così bianca e i baffetti da f.......?
- È Carlo, il figlio del re.
- Ah, e cosa c’entra con quello che si chiama Carlos, che è morto?
- È il nipote.
- Ah.
- Zitto però, adesso basta!
- E perché si lamenta? A me pare proprio che si lamenti.
- Uffa! È triste perché la sua innamorata, Elisabetta di Valois, è andata in sposa al re, Filippo, che è anche il padre dello stesso Carlo.
- Bella z........! Vatti a fidare…
- Adesso basta! A quei tempi erano tutte cose combinate. Poi te lo spiego bene.
- Comunque è un comportamento da z.........
- Shhh!
- E poi a me quello sembra un po’ debosciato. E anche un pò f...... Ma lo vedi come si abbraccia con quell’altro. Tutte smancerie….
- Shhh! Prima o poi ci cacciano.
…………………………………………………………………….
- E … la vecchia che canta con tutte quelle arpie vestite di nero, chi è?
- È la principessa d’Eboli.
- Prima passeggiava a braccetto col re. Per me è la sua amante.
- Ma noo. Lei è segretamente innamorata di Carlo.
- Del debosciato? Io, se fossi donna, uno così non lo vorrei proprio.
- Ma cosa c’entra…
- Comunque è un bel c.........
…………………………………………………………………….
- Questa sarebbe lei?
- Sì, è Elisabetta.
- E perché lui la chiama anche Isabella?
- Questo non lo so. Forse perché serviva per la metrica, per la melodia…
- Secondo me comunque è stordito. E poi deve avere dei problemi da niente col padre!
- Effettivamente…
- Vabbè, vabbè. Comunque, lei, l’ama ancora o no? Perché se l’ama ancora, è un po’ meno z........ No, no, aspetta, senti che dice… ma… ma… gli sta chiedendo di uccidere il marito, il padre, il re! No, allora è proprio z........ E anche s....... e calcolatrice, altro che amore!
- Aspetta, aspetta. Adesso arriva il re.
…………………………………………………………………….
- Ah! E pure il re è s......! Hai visto come t’ha sbattuto fuori la dama di compagnia? E lei non ha fatto nulla, nemmeno si è opposta! C........, è la regina!
- Ma quelli erano tempi diversi… la moglie, anche se regina, non contava molto. E poi comunque lui era pur sempre il figlio di un imperatore!
- Bella roba!
- Shhh! adesso basta! Ci stanno guardando tutti!
- Sai che me ne frega…
…………………………………………………………………….
- Cosa ti dicevo? È proprio stordito questo Carlo! Non s’è accorto neppure che quella non è Elisabetta (o Isabella, che poi non ho ancora capito perché cambia sempre nome).
- Sì, è la principessa d’Eboli.
- Ed è anche inc......! Mi sa che prima o poi gliela fa pagare! Comunque è z.........pure lei.
- E basta con queste categorizzazioni semplicistiche! Bisogna capire anche il contesto, le motivazioni…
- Sì, sì, e dagliene di nomi…
…………………………………………………………………….
- E adesso ci mancavano pure i preti! E chi sono quei poveri cristi appesi a quelle croci? Pure quelle con le tette di fuori: tirano i carretti come asini e… ma sono insanguinate… e che c....…
- Sono condannati al rogo. È il tribunale della santa inquisizione.
- Bella roba! Altro che religione! E poi, hai visto? Sull’ultimo carro c’erano dei libri. Bruciavano anche quelli? Ma sono solo parole…
- Eh, no, sono idee. E le idee sono più pericolose delle armi.
- Sì, questo lo capisco anch’io, che sono ignorante e leggo poco… questa gente mi sta sempre più sul c......
- Hai ragione, ma non dire altro.
- Ma noo! Guarda quello che scende dalla scala! Alla faccia della star! E i frati gli reggono pure il mantello!
E adesso il figlio che fa? Caspita, vuoi vedere che tira fuori le p.... e lo infilza davvero con la spada? Magari però, ha raccolto i suggerimenti della sua ex. Furbina eh! Aspetta, aspetta… ah! Quell’altro gli toglie di mano anche la spada. E diceva di essergli amico, fratello. Vatti a fidare! Così è finita.
…………………………………………………………………….
- Bravo, bravo. Non t’ha mai amato? Piangi? Dovevi pensarci prima. Sposarti una donna più giovane che quando ti ha visto ha solo guardato i tuoi capelli bianchi! Vedi che anche i re hanno i loro problemi! E poi, se prendono i consigli dai preti, figurati!
- E basta! Ma ce l’hai col mondo stasera! Intanto i nostri vicini si sono spostati più in là per non sentirti.
- E chissenefrega! Io quello che penso lo dico! Ma ti pare? “Il trono dovrà piegar sempre all’altare”. Ti pare giusto? Quello vuole farsi perdonare in anticipo per aver messo a morte il figlio, che sarà pure un po’ sfigato, però sempre figlio suo è.
- … la ragion di stato…
- E dagliene di nomi! Qui però mi sembrano tutti matti e malati. Ah! E poi c’è anche la vecchia z........ gelosa che ha rubato lo scrigno e l’ha dato al re! E adesso si pente! E non basta: è stata anche la sua amante! Te l’avevo detto io! L’avevo capito subito.
- E va bene, avevi ragione tu. Però adesso fammi vedere la scena del carcere.
…………………………………………………………………….
- Guarda, guarda! Bell’amico: prima lo tradisce e poi lo va a trovare in carcere per dargli aiuto e prendersi la colpa di tutto!
- Basta, ci rinuncio.
- Ecchec.....! Non me l’aspettavo! L’hanno ucciso! Una fucilata e via! Però per me qui c’entrano proprio i preti! L’hai visto chi ha sparato? Era un frate! E no eh, adesso si sta girando tutto in politica! La chiesa vuol far fuori Carlo e il suo amico per la questione delle Fiandre (che poi non so bene cosa siano): loro sono due rivoluzionari, portano idee nuove, non di oppressione ma di pace! E il popolo… è così c.......! È bastata una croce e le parole di un prete per riportare tutti al silenzio e al capo chino!
- Beh, sì. Anche questa può essere una chiave di lettura…
- Ma che chiave e chiave! No. Era già politica fin dall’inizio: solo che le storie d’amore, gli intrecci, le corna, le gelosie ce lo hanno mascherato questo aspetto, ce lo hanno fatto dimenticare. È tutta politica, e cinismo, e ragion di stato, come la chiami tu che sei istruito. E poi ci sono gli uomini, anche i principi, i re, le regine, i vescovi: lo vedi come sono piccoli e nani di fronte al sepolcro di quell’imperatore? Spariscono davanti a quel nome dalle lettere dorate che li sovrasta, li ammonisce, li sconvolge, li ammutolisce. Ed è proprio lui, l’imperatore, nella sua grandezza, che spacca la pietra del sepolcro per mettere fine alla scelleratezza dei suoi successori, ai casini che hanno combinato. Ma, se ci pensi bene, il suo intervento – del tutto assurdo perché sovrannaturale – non starebbe forse ad indicare che vi sono, nella natura e nelle storie umane, delle cose totalmente irrisolvibili, aleatorie, in balia di un destino capriccioso e imperscrutabile? L’uomo si sente impotente, e allora fa intervenire, per nascondere la propria impotenza, il sovrannaturale. È una denuncia di impotenza. in realtà. Non credi?
- Io…
- Senti, adesso però andiamo che mi sono rotto le p.....
Questo è il mio amico Gonzo. Bisogna prenderlo così com’è.
Prof. Danilo DEMI
Musica di G. Verdi, libretto di J. Méry e C. du Locle
Teatro Carlo Felice, Genova
2 maggio 2017
Oggi è stato inevitabile. Non ho proprio potuto non portarlo con me. È il mio amico Gonzo. È da tempo che mi chiede di venire a teatro. Ed è una settimana che insiste. Non potevo far finta di niente, anche perché si è sistemato sotto casa mia da questa mattina presto, così, quando sono uscito, mi ha arpionato.
Lui non è cattivo. Soltanto è un po’… come dire… grezzo. Quando è con me penso sempre che mi possa far fare brutte figure. Oh, per essere schietto è veramente schietto, non ha peli sulla lingua. Penso che sia per questo che andiamo d’accordo: è come se fosse il mio alter ego, ma senza inibizioni. In un certo senso mi “è necessario” sentire la sua opinione, del tutto priva di sovrastrutture e savoir faire.
Così siamo seduti qui, le luci spente, il sipario che si apre tirato da due monaci, scuri e tetri, un flagellante che gocciola sangue sul pavimento, macchie che un terzo monaco deterge con devozione e fatica.
Io, d’altro canto, una grande fatica l’ho appena fatta per impedire a Gonzo di portare con sé una birra nascosta sotto il maglione, perché – lui dice – se non beve quando segue uno spettacolo non si diverte. Però ce l’ho fatta: alla fine ha capito che non era proprio il caso.
Adesso sta guardando la scena, assorto. Mi rilasso. Dura poco.
- Senti, ma cosa vuol dire Carlos Vu?
- È un nome. Ma Vu sta per quinto, in numeri romani. È il nome di un grande imperatore, di Spagna e d’Austria. Sul suo regno non tramontava mai il sole… Qui, nell’opera, è morto da poco.
- Mi sa che mi stai raccontando m..........
- Shhh. Zitto. Fammi ascoltare.
…………………………………………………………………….
- Ma chi è quello sfigato lì, con la faccia così bianca e i baffetti da f.......?
- È Carlo, il figlio del re.
- Ah, e cosa c’entra con quello che si chiama Carlos, che è morto?
- È il nipote.
- Ah.
- Zitto però, adesso basta!
- E perché si lamenta? A me pare proprio che si lamenti.
- Uffa! È triste perché la sua innamorata, Elisabetta di Valois, è andata in sposa al re, Filippo, che è anche il padre dello stesso Carlo.
- Bella z........! Vatti a fidare…
- Adesso basta! A quei tempi erano tutte cose combinate. Poi te lo spiego bene.
- Comunque è un comportamento da z.........
- Shhh!
- E poi a me quello sembra un po’ debosciato. E anche un pò f...... Ma lo vedi come si abbraccia con quell’altro. Tutte smancerie….
- Shhh! Prima o poi ci cacciano.
…………………………………………………………………….
- E … la vecchia che canta con tutte quelle arpie vestite di nero, chi è?
- È la principessa d’Eboli.
- Prima passeggiava a braccetto col re. Per me è la sua amante.
- Ma noo. Lei è segretamente innamorata di Carlo.
- Del debosciato? Io, se fossi donna, uno così non lo vorrei proprio.
- Ma cosa c’entra…
- Comunque è un bel c.........
…………………………………………………………………….
- Questa sarebbe lei?
- Sì, è Elisabetta.
- E perché lui la chiama anche Isabella?
- Questo non lo so. Forse perché serviva per la metrica, per la melodia…
- Secondo me comunque è stordito. E poi deve avere dei problemi da niente col padre!
- Effettivamente…
- Vabbè, vabbè. Comunque, lei, l’ama ancora o no? Perché se l’ama ancora, è un po’ meno z........ No, no, aspetta, senti che dice… ma… ma… gli sta chiedendo di uccidere il marito, il padre, il re! No, allora è proprio z........ E anche s....... e calcolatrice, altro che amore!
- Aspetta, aspetta. Adesso arriva il re.
…………………………………………………………………….
- Ah! E pure il re è s......! Hai visto come t’ha sbattuto fuori la dama di compagnia? E lei non ha fatto nulla, nemmeno si è opposta! C........, è la regina!
- Ma quelli erano tempi diversi… la moglie, anche se regina, non contava molto. E poi comunque lui era pur sempre il figlio di un imperatore!
- Bella roba!
- Shhh! adesso basta! Ci stanno guardando tutti!
- Sai che me ne frega…
…………………………………………………………………….
- Cosa ti dicevo? È proprio stordito questo Carlo! Non s’è accorto neppure che quella non è Elisabetta (o Isabella, che poi non ho ancora capito perché cambia sempre nome).
- Sì, è la principessa d’Eboli.
- Ed è anche inc......! Mi sa che prima o poi gliela fa pagare! Comunque è z.........pure lei.
- E basta con queste categorizzazioni semplicistiche! Bisogna capire anche il contesto, le motivazioni…
- Sì, sì, e dagliene di nomi…
…………………………………………………………………….
- E adesso ci mancavano pure i preti! E chi sono quei poveri cristi appesi a quelle croci? Pure quelle con le tette di fuori: tirano i carretti come asini e… ma sono insanguinate… e che c....…
- Sono condannati al rogo. È il tribunale della santa inquisizione.
- Bella roba! Altro che religione! E poi, hai visto? Sull’ultimo carro c’erano dei libri. Bruciavano anche quelli? Ma sono solo parole…
- Eh, no, sono idee. E le idee sono più pericolose delle armi.
- Sì, questo lo capisco anch’io, che sono ignorante e leggo poco… questa gente mi sta sempre più sul c......
- Hai ragione, ma non dire altro.
- Ma noo! Guarda quello che scende dalla scala! Alla faccia della star! E i frati gli reggono pure il mantello!
E adesso il figlio che fa? Caspita, vuoi vedere che tira fuori le p.... e lo infilza davvero con la spada? Magari però, ha raccolto i suggerimenti della sua ex. Furbina eh! Aspetta, aspetta… ah! Quell’altro gli toglie di mano anche la spada. E diceva di essergli amico, fratello. Vatti a fidare! Così è finita.
…………………………………………………………………….
- Bravo, bravo. Non t’ha mai amato? Piangi? Dovevi pensarci prima. Sposarti una donna più giovane che quando ti ha visto ha solo guardato i tuoi capelli bianchi! Vedi che anche i re hanno i loro problemi! E poi, se prendono i consigli dai preti, figurati!
- E basta! Ma ce l’hai col mondo stasera! Intanto i nostri vicini si sono spostati più in là per non sentirti.
- E chissenefrega! Io quello che penso lo dico! Ma ti pare? “Il trono dovrà piegar sempre all’altare”. Ti pare giusto? Quello vuole farsi perdonare in anticipo per aver messo a morte il figlio, che sarà pure un po’ sfigato, però sempre figlio suo è.
- … la ragion di stato…
- E dagliene di nomi! Qui però mi sembrano tutti matti e malati. Ah! E poi c’è anche la vecchia z........ gelosa che ha rubato lo scrigno e l’ha dato al re! E adesso si pente! E non basta: è stata anche la sua amante! Te l’avevo detto io! L’avevo capito subito.
- E va bene, avevi ragione tu. Però adesso fammi vedere la scena del carcere.
…………………………………………………………………….
- Guarda, guarda! Bell’amico: prima lo tradisce e poi lo va a trovare in carcere per dargli aiuto e prendersi la colpa di tutto!
- Basta, ci rinuncio.
- Ecchec.....! Non me l’aspettavo! L’hanno ucciso! Una fucilata e via! Però per me qui c’entrano proprio i preti! L’hai visto chi ha sparato? Era un frate! E no eh, adesso si sta girando tutto in politica! La chiesa vuol far fuori Carlo e il suo amico per la questione delle Fiandre (che poi non so bene cosa siano): loro sono due rivoluzionari, portano idee nuove, non di oppressione ma di pace! E il popolo… è così c.......! È bastata una croce e le parole di un prete per riportare tutti al silenzio e al capo chino!
- Beh, sì. Anche questa può essere una chiave di lettura…
- Ma che chiave e chiave! No. Era già politica fin dall’inizio: solo che le storie d’amore, gli intrecci, le corna, le gelosie ce lo hanno mascherato questo aspetto, ce lo hanno fatto dimenticare. È tutta politica, e cinismo, e ragion di stato, come la chiami tu che sei istruito. E poi ci sono gli uomini, anche i principi, i re, le regine, i vescovi: lo vedi come sono piccoli e nani di fronte al sepolcro di quell’imperatore? Spariscono davanti a quel nome dalle lettere dorate che li sovrasta, li ammonisce, li sconvolge, li ammutolisce. Ed è proprio lui, l’imperatore, nella sua grandezza, che spacca la pietra del sepolcro per mettere fine alla scelleratezza dei suoi successori, ai casini che hanno combinato. Ma, se ci pensi bene, il suo intervento – del tutto assurdo perché sovrannaturale – non starebbe forse ad indicare che vi sono, nella natura e nelle storie umane, delle cose totalmente irrisolvibili, aleatorie, in balia di un destino capriccioso e imperscrutabile? L’uomo si sente impotente, e allora fa intervenire, per nascondere la propria impotenza, il sovrannaturale. È una denuncia di impotenza. in realtà. Non credi?
- Io…
- Senti, adesso però andiamo che mi sono rotto le p.....
Questo è il mio amico Gonzo. Bisogna prenderlo così com’è.
Prof. Danilo DEMI
Don Carlo
Giuseppe Verdi
Bianco è il colore del marmo che possente e voluminoso invade tutto il palcoscenico con enormi lastre dalle venature grigie e nere.
Fra tutte quella su cui è inciso a caratteri cubitali il nome del grande protagonista, Carlos V.
Bianchi sono i fiori cosparsi ovunque a presagio di una prossima celebrazione funebre come testimonia anche la grande iscrizione epigrafica.
E quindi il nero delle venature del pregiato materiale, come le vesti e i veli delle dame della regina, le ombre degli ambienti reali, dello scorcio di cielo che si apre sulla scena .
E oro come la scritta sul marmo, gli abiti della regina a indicare la magnificenza seppur terrena di uomini e donne potenti.
Ma c’ è anche il rosso, quello non visibile delle grandi passioni umane che lacerano i protagonisti tra l’essere e il dover essere, tra l’amore paterno e il dovere di monarca il quale, per punire un sopruso, sacrificherebbe il figlio come Abramo con Isacco, come Dio con Gesù.
E ancora il rosso porpora delle vesti ecclesiastiche del frate inquisitore acceso e prepotente come la supremazia del potere della Chiesa sulla sovranità regale.
Tra tutte queste tonalità non manca il grigio degli abiti del popolo in rivolta, colore anonimo come anonima è la presenza dei popolani sulla scena e delle loro proteste spesso inascoltate dai detentori del potere.
Su tutto è tutti si ergono due simboli fortissimi ma antitetici: un’enorme Croce emblema della religione Cattolica e una carta geografica con indicati i territori conquistati dalla Spagna, emblema della cupidigia e dell’avidità degli uomini di potere.
Quelli della religione e della politica sono due ambiti separati ma nella storia sono spesso sconfinati l’uno nell’altro arrivando a scandalosi e vergognosi epiloghi: le Crociate in Terra Santa in nome di Dio, la persecuzione degli eretici e degli oppositori con l’Inquisizione, e fanatismi ancora attualissimi come il terrorismo in nome di Allah.
Tra tanta confusione un barlume di luce si intravede nel martirio di Rodrigo che si immola per far si che il paladino della giustizia, Carlo, porti a termine il progetto di libertà del popolo fiammingo.
Carlo nuovo “Redentor” è anche lui martire perché sacrifica non la sua vita ma il suo amore verso l’ amata per un bene superiore e lo fa con la promessa che tutti e tre, Rodrigo, Carlo e la regina si vedranno “lassù in un mondo migliore”, là troveranno“ nel grembo del Signore il sospirato ben che sfugge in terra ognor”.
Lo dovrà trovare per forza in un altro modo e in un altro mondo perché una forza fagocitante lo trascina a sé al di là della sua epigrafe lasciando un grosso nome dorato nei libri di storia e forse nulla più.
Prof. Francesca BONAVENTURA
Giuseppe Verdi
Bianco è il colore del marmo che possente e voluminoso invade tutto il palcoscenico con enormi lastre dalle venature grigie e nere.
Fra tutte quella su cui è inciso a caratteri cubitali il nome del grande protagonista, Carlos V.
Bianchi sono i fiori cosparsi ovunque a presagio di una prossima celebrazione funebre come testimonia anche la grande iscrizione epigrafica.
E quindi il nero delle venature del pregiato materiale, come le vesti e i veli delle dame della regina, le ombre degli ambienti reali, dello scorcio di cielo che si apre sulla scena .
E oro come la scritta sul marmo, gli abiti della regina a indicare la magnificenza seppur terrena di uomini e donne potenti.
Ma c’ è anche il rosso, quello non visibile delle grandi passioni umane che lacerano i protagonisti tra l’essere e il dover essere, tra l’amore paterno e il dovere di monarca il quale, per punire un sopruso, sacrificherebbe il figlio come Abramo con Isacco, come Dio con Gesù.
E ancora il rosso porpora delle vesti ecclesiastiche del frate inquisitore acceso e prepotente come la supremazia del potere della Chiesa sulla sovranità regale.
Tra tutte queste tonalità non manca il grigio degli abiti del popolo in rivolta, colore anonimo come anonima è la presenza dei popolani sulla scena e delle loro proteste spesso inascoltate dai detentori del potere.
Su tutto è tutti si ergono due simboli fortissimi ma antitetici: un’enorme Croce emblema della religione Cattolica e una carta geografica con indicati i territori conquistati dalla Spagna, emblema della cupidigia e dell’avidità degli uomini di potere.
Quelli della religione e della politica sono due ambiti separati ma nella storia sono spesso sconfinati l’uno nell’altro arrivando a scandalosi e vergognosi epiloghi: le Crociate in Terra Santa in nome di Dio, la persecuzione degli eretici e degli oppositori con l’Inquisizione, e fanatismi ancora attualissimi come il terrorismo in nome di Allah.
Tra tanta confusione un barlume di luce si intravede nel martirio di Rodrigo che si immola per far si che il paladino della giustizia, Carlo, porti a termine il progetto di libertà del popolo fiammingo.
Carlo nuovo “Redentor” è anche lui martire perché sacrifica non la sua vita ma il suo amore verso l’ amata per un bene superiore e lo fa con la promessa che tutti e tre, Rodrigo, Carlo e la regina si vedranno “lassù in un mondo migliore”, là troveranno“ nel grembo del Signore il sospirato ben che sfugge in terra ognor”.
Lo dovrà trovare per forza in un altro modo e in un altro mondo perché una forza fagocitante lo trascina a sé al di là della sua epigrafe lasciando un grosso nome dorato nei libri di storia e forse nulla più.
Prof. Francesca BONAVENTURA
Don Carlo
Durata dello spettacolo:
Prima parte (atti I e II) 1 ora e 40 min.
Intervallo 25 min.
Seconda parte(atti III e IV) 1 ora e 20 min.
Totale 3 ore e 30 circa
Opera in quattro atti
libretto di Achille De Lauzières Angelo Zanardini
musica di Giuseppe Verdi
Direttore d’Orchestra, Valerio Galli
Regia, Cesare Lievi
Scene e costumi, Maurizio Balò
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro, Franco Sebastiani
I personaggi
Filippo II, Re di Spagna,
Don Carlo, Infante di Spagna
Rodrigo, Marchese di Posa
Il Grande Inquisitore
Un frate
Elisabetta di Valois
La principessa Eboli
Tebaldo
Conte di Lerma
Deputati fiamminghi
Forse in nessun altra opera come in Don Carlo Verdi ha concentrato tutti i temi portanti del suo teatro musicale: il potere, con i suoi onori e oneri, l’amore contrastato, al punto da essere un amore impossibile, il conflitto tra il mondo dei padri e quello dei figli, il popolo oppresso che rivendica la propria libertà. E una questione delicatissima tanto nell’epoca in cui è ambientato il libretto (l’Europa della seconda metà del Cinquecento) quanto in quella contemporanea a Verdi: la ragion di stato contro quella dell’altare – da una parte l’Impero, insomma, e dall’altra la Chiesa. Filippo II, potentissimo re di Spagna, sposa in seconde nozze Elisabetta di Valois, per rinsaldare i rapporti del suo paese con la Francia. Ma Elisabetta era promessa al figlio di Filippo, Carlo, e continuerà ad amare il giovane, ardentemente ricambiata, di un amore che non può essere vissuto. La situazione genera un conflitto fortissimo, lacerante, tra il padre e il figlio, acuito dalle posizioni politiche di Carlo, Infante illuminato schierato dalla parte del popolo. Filippo arriva persino a progettare l’eliminazione fisica del figlio, con l’avvallo del Grande Inquisitore, figura inquietante già nell’aspetto fisico (cieco e nonagenario), degna di un graphic novel dalle atmosfere gotiche. Una vicenda tesa, come fatti che si susseguono e come dinamiche psicologiche in atto, dalla prima all’ultima scena. E con anche, alla fine, un tocco di sovrannaturale…
In una partitura in cui l’orchestra è protagonista non meno dei cantanti (e che, da questo punto di vista, apre la strada all’ultimo stile verdiano), i momenti memorabili, teatralmente e musicalmente, non si contano: “Ella giammai m’amò”, soliloquio in cui Filippo II da re diventa uomo come tutti nel momento in cui si rende conto di essere vecchio, solo e non amato dalla moglie; il dialogo tra Filippo e il Grande Inquisitore, incontro-scontro tra due bassi il cui colore scuro (e oscuro) è trattato da Verdi come l’incarnazione vocale delle rispettive autorevolezze; il duetto finale tra Carlo ed Elisabetta, mistico e visionario, in cui i due protagonisti si rendono conto che solo nell’immaginazione possono realizzare i desideri che la realtà nega loro. Un’opera potente, fiera, e, al tempo stesso, toccante e commovente: le emozioni del melodramma al loro apice.
Tratto dal dramma di Schiller Don Carlos, Infante di Spagna, il Don Carlo di Verdi debuttò all’Opéra di Parigi (in lingua francese) nel 1867 e fu poi sottoposto dall’autore a numerose revisioni in vista delle riprese italiane (Milano, Scala, 1884; Modena, Teatro Comunale, 1886). Al Carlo Felice va in scena in un allestimento in coproduzione con il Teatro Regio di Parma affidato al regista, poeta, traduttore e drammaturgo Cesare Lievi.
Durata dello spettacolo:
Prima parte (atti I e II) 1 ora e 40 min.
Intervallo 25 min.
Seconda parte(atti III e IV) 1 ora e 20 min.
Totale 3 ore e 30 circa
Opera in quattro atti
libretto di Achille De Lauzières Angelo Zanardini
musica di Giuseppe Verdi
Direttore d’Orchestra, Valerio Galli
Regia, Cesare Lievi
Scene e costumi, Maurizio Balò
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro, Franco Sebastiani
I personaggi
Filippo II, Re di Spagna,
Don Carlo, Infante di Spagna
Rodrigo, Marchese di Posa
Il Grande Inquisitore
Un frate
Elisabetta di Valois
La principessa Eboli
Tebaldo
Conte di Lerma
Deputati fiamminghi
Forse in nessun altra opera come in Don Carlo Verdi ha concentrato tutti i temi portanti del suo teatro musicale: il potere, con i suoi onori e oneri, l’amore contrastato, al punto da essere un amore impossibile, il conflitto tra il mondo dei padri e quello dei figli, il popolo oppresso che rivendica la propria libertà. E una questione delicatissima tanto nell’epoca in cui è ambientato il libretto (l’Europa della seconda metà del Cinquecento) quanto in quella contemporanea a Verdi: la ragion di stato contro quella dell’altare – da una parte l’Impero, insomma, e dall’altra la Chiesa. Filippo II, potentissimo re di Spagna, sposa in seconde nozze Elisabetta di Valois, per rinsaldare i rapporti del suo paese con la Francia. Ma Elisabetta era promessa al figlio di Filippo, Carlo, e continuerà ad amare il giovane, ardentemente ricambiata, di un amore che non può essere vissuto. La situazione genera un conflitto fortissimo, lacerante, tra il padre e il figlio, acuito dalle posizioni politiche di Carlo, Infante illuminato schierato dalla parte del popolo. Filippo arriva persino a progettare l’eliminazione fisica del figlio, con l’avvallo del Grande Inquisitore, figura inquietante già nell’aspetto fisico (cieco e nonagenario), degna di un graphic novel dalle atmosfere gotiche. Una vicenda tesa, come fatti che si susseguono e come dinamiche psicologiche in atto, dalla prima all’ultima scena. E con anche, alla fine, un tocco di sovrannaturale…
In una partitura in cui l’orchestra è protagonista non meno dei cantanti (e che, da questo punto di vista, apre la strada all’ultimo stile verdiano), i momenti memorabili, teatralmente e musicalmente, non si contano: “Ella giammai m’amò”, soliloquio in cui Filippo II da re diventa uomo come tutti nel momento in cui si rende conto di essere vecchio, solo e non amato dalla moglie; il dialogo tra Filippo e il Grande Inquisitore, incontro-scontro tra due bassi il cui colore scuro (e oscuro) è trattato da Verdi come l’incarnazione vocale delle rispettive autorevolezze; il duetto finale tra Carlo ed Elisabetta, mistico e visionario, in cui i due protagonisti si rendono conto che solo nell’immaginazione possono realizzare i desideri che la realtà nega loro. Un’opera potente, fiera, e, al tempo stesso, toccante e commovente: le emozioni del melodramma al loro apice.
Tratto dal dramma di Schiller Don Carlos, Infante di Spagna, il Don Carlo di Verdi debuttò all’Opéra di Parigi (in lingua francese) nel 1867 e fu poi sottoposto dall’autore a numerose revisioni in vista delle riprese italiane (Milano, Scala, 1884; Modena, Teatro Comunale, 1886). Al Carlo Felice va in scena in un allestimento in coproduzione con il Teatro Regio di Parma affidato al regista, poeta, traduttore e drammaturgo Cesare Lievi.
TEATRO CARLO FELICE - "ELISIR D'AMORE"
Un’opera comica e sentimentale insieme. Un melodramma giocoso (come lo definirono gli autori). Una commedia romantica (come la chiameremmo noi oggi). Nell’Elisir d’amore di Donizetti, oltre a pure maschere ereditate dalla commedia dell’arte (il soldato vanitoso e fanfarone Belcore e il dottore ciarlatano Dulcamara), ci sono infatti personaggi dotati di un cuore: Nemorino, giovane innamorato bloccato dalla timidezza, e Adina, donna consapevole della propria bellezza e del proprio fascino, ma non egocentrica né manipolatrice. Nel corso della vicenda, entrambi si metteranno in discussione e cambieranno. Cosa che alle maschere non accade, ma alle persone vere sì: Nemorino allenta i propri freni inibitori grazie a quello che crede essere un filtro d’amore (in realtà, nient’altro che una bottiglia di vino rosso), mentre Adina, alla fine, si lascia sedurre dal sentimento sincero di Nemorino, dal suo spirito di sacrificio in nome dell’amore. E scarta, saggiamente, il machismo superficiale di Belcore. Sullo sfondo di questo intreccio insieme comico e sentimentale, anche un pizzico di critica sociale: le fanciulle dell’immaginario paese dei Baschi in cui è ambientata la vicenda “perdono la testa” per l’impacciato Nemorino non grazie alla pozione magica di Dulcamara, ma perché attirate dalla fortuna economica che uno zio lascia provvidenzialmente in eredità al giovane. Il vero “filtro d’amore”, insomma, per loro è il denaro…
Il libretto, ispirato a Le philtre di Scribe, è firmato da un maestro della metrica e della rima, Felice Romani, che qui dà il meglio di sé. Anche per merito suo, l’opera ha sempre riscosso un grande successo fin dalla sua prima esecuzione, il 12 maggio 1832 al Teatro della Cannobiana di Milano. Lo stesso Donizetti fu stupito del trionfo. Probabilmente, data la solita fretta con cui lavorò alla partitura (completata in appena quattordici giorni), il compositore non si era reso conto di avere scritto una musica perfetta nel suo connubio tra levità e patetismo (di cui la celebre romanza “Una furtiva lagrima” rappresenta la summa), degna, in questo, del teatro mozartiano.
Il Carlo Felice mette in scena L’elisir d’amore in un proprio allestimento del 1994 amatissimo dalla critica e dal pubblico, conquistati fin dal debutto dello spettacolo dall’umorismo raffinato della regia di Filippo Crivelli e dall’atmosfera a metà tra la favola e il cartone animato d’autore creata dalle scene di Lele Luzzati e dai costumi di Santuzza Calì. Il carro di Dulcamara, frutto dell’inesauribile immaginazione di Luzzati, è una di quelle invenzioni scenografiche che non si dimenticano.
Il libretto, ispirato a Le philtre di Scribe, è firmato da un maestro della metrica e della rima, Felice Romani, che qui dà il meglio di sé. Anche per merito suo, l’opera ha sempre riscosso un grande successo fin dalla sua prima esecuzione, il 12 maggio 1832 al Teatro della Cannobiana di Milano. Lo stesso Donizetti fu stupito del trionfo. Probabilmente, data la solita fretta con cui lavorò alla partitura (completata in appena quattordici giorni), il compositore non si era reso conto di avere scritto una musica perfetta nel suo connubio tra levità e patetismo (di cui la celebre romanza “Una furtiva lagrima” rappresenta la summa), degna, in questo, del teatro mozartiano.
Il Carlo Felice mette in scena L’elisir d’amore in un proprio allestimento del 1994 amatissimo dalla critica e dal pubblico, conquistati fin dal debutto dello spettacolo dall’umorismo raffinato della regia di Filippo Crivelli e dall’atmosfera a metà tra la favola e il cartone animato d’autore creata dalle scene di Lele Luzzati e dai costumi di Santuzza Calì. Il carro di Dulcamara, frutto dell’inesauribile immaginazione di Luzzati, è una di quelle invenzioni scenografiche che non si dimenticano.
TEATRO CARLO FELICE - "COSI' FAN TUTTE"
“Quintessenza dell’opera buffa”. Così Massimo Mila ha definito Così fan tutte, terzo titolo – e terzo capolavoro – della trilogia italiana di Mozart e Da Ponte. Ed in effetti nel libretto ci sono tutti gli ingredienti dell’opera comica di tradizione nostrana: i sentimenti nobili, ma ingenui, dei personaggi altolocati, la saggezza pratica dei servi, il cinismo dei filosofi, gli equivoci e i travestimenti. E la morale conclusiva, riassunta nel titolo ormai proverbiale, tipica della visione razionale del mondo di stampo illuminista: non c’è da illudersi, la fedeltà, in amore, è una promessa verbale puntualmente smentita dai comportamenti. Ma a ben guardare il senso di questa storia, che la musica di Mozart ci racconta in modo spiritoso quanto amaro, frivolo quanto profondo, disilluso quanto accorato e inquieto, è ancora più sottile. E non necessariamente negativo. Alla fine, Ferrando e Guglielmo sposeranno, rispettivamente, Dorabella e Fiordiligi, come doveva essere fin dall’inizio. Ma lo faranno dopo aver sperimentato la forza della tentazione a tradire, grazie alle astute macchinazioni del burattinaio Don Alfonso e della sua complice Despina. E la presa d’atto che l’amore non è eterno per definizione, ma può esserlo solo attraverso un impegno faticoso e quotidiano dei due amanti, è un bene o un male per le due coppie che, dopo tante peripezie e giochi incrociati, si ritrovano all’altare nella combinazione giusta, quella prevista all’aprirsi del sipario? Come sempre Mozart e Da Ponte non danno risposte, si limitano a fare domande, domande di cruciale importanza e ancora attuali. Ma coloro che oggi esercitano lo stesso mestiere del cinico Don Alfonso, i filosofi (e gli psicologi e i sociologi), dicono di sì: questa consapevolezza è un bene.
Il Carlo Felice presenta Così fan tutte nell’allestimento della Fondazione Teatro Regio di Torino che, nella stagione 2002-3, segnò il debutto di Ettore Scola nella regia lirica. Una produzione lodata per il garbo, l’eleganza, l’ironia, la fedeltà al testo. Un omaggio doveroso al grande regista, scomparso il 19 gennaio 2016, appena un mese dopo essere salito sul palcoscenico del Carlo Felice a raccogliere gli applausi per la sua regia di Bohème.
Il Carlo Felice presenta Così fan tutte nell’allestimento della Fondazione Teatro Regio di Torino che, nella stagione 2002-3, segnò il debutto di Ettore Scola nella regia lirica. Una produzione lodata per il garbo, l’eleganza, l’ironia, la fedeltà al testo. Un omaggio doveroso al grande regista, scomparso il 19 gennaio 2016, appena un mese dopo essere salito sul palcoscenico del Carlo Felice a raccogliere gli applausi per la sua regia di Bohème.
20 dicembre 2016
TEATRO CARLO FELICE - "LA TRAVIATA"
La Traviata
di Giuseppe Verdi
Teatro Carlo Felice, Genova
20 dicembre 2016
L’inizio è già la fine.
Il corteo di invitati come una processione funebre.
Nel cielo cupo colature di sangue, nero e marcio.
Sono passate le compagnie, oscene come in un quadro di Grosz.
Sono passate le cascate di bottiglie e calici rovesciati.
Sono passate le danze di zingarelle, piovre luccicanti di sangue lubrico.
È passata la felicità, sotto la chioma arida dell’albero bianco. Le sue mele, a terra, paiono un mare ribollente di sangue.
Violetta, anima calpestata, urla il suo amore violato, come una Marilyn muta.
Danzano le Parche, sconsolate nei loro veli.
L’ultima, tagliato il filo, giace ormai nel suo triste abbandono.
L’albero, algido, cadaverico, emerge dal lago di ghiaccio, incrinato da mille crepe.
Adesso, abbattuto, le fa da scheletrico guanciale.
Spettri neri le danzano attorno.
Il guizzo improvviso dell’amore ritrovato.
L’illusione riaffiora.
Effimera gioia.
Il destino è già scritto. La storia già raccontata.
La morte, inesorabile, avanza lenta, col lungo cappotto nero.
Perché la verità si comprende sempre alla fine di tutto?
Un fiotto rosso di sangue, un dolore infinito.
Tremendo.
Bellissimo.
prof. Danilo Demi
di Giuseppe Verdi
Teatro Carlo Felice, Genova
20 dicembre 2016
L’inizio è già la fine.
Il corteo di invitati come una processione funebre.
Nel cielo cupo colature di sangue, nero e marcio.
Sono passate le compagnie, oscene come in un quadro di Grosz.
Sono passate le cascate di bottiglie e calici rovesciati.
Sono passate le danze di zingarelle, piovre luccicanti di sangue lubrico.
È passata la felicità, sotto la chioma arida dell’albero bianco. Le sue mele, a terra, paiono un mare ribollente di sangue.
Violetta, anima calpestata, urla il suo amore violato, come una Marilyn muta.
Danzano le Parche, sconsolate nei loro veli.
L’ultima, tagliato il filo, giace ormai nel suo triste abbandono.
L’albero, algido, cadaverico, emerge dal lago di ghiaccio, incrinato da mille crepe.
Adesso, abbattuto, le fa da scheletrico guanciale.
Spettri neri le danzano attorno.
Il guizzo improvviso dell’amore ritrovato.
L’illusione riaffiora.
Effimera gioia.
Il destino è già scritto. La storia già raccontata.
La morte, inesorabile, avanza lenta, col lungo cappotto nero.
Perché la verità si comprende sempre alla fine di tutto?
Un fiotto rosso di sangue, un dolore infinito.
Tremendo.
Bellissimo.
prof. Danilo Demi
Recensioni classe 2B
Recensioni opera lirica" La Traviata", martedì 20 dicembre 2017, teatro Carlo Felice di Genova
L'opera è stata veramente emozionante,divertente e interattiva.
Il canto più bello per me è stato" Amami Alfredo".
Mi è piaciuto il cambio delle scenografie ( formidabile!) e ho apprezzato molto il " flashback "
all'inizio, durante l'ouverture, che raccontava e rappresentava la morte di Violetta alla fine dell'opera.
V.M.
Le parti che mi sono piaciute sono due: una, nel primo atto, dove tutti i cantanti fanno il Brindisi e l'altra quando Violetta e Alfredo litigano in campagna.
Il personaggio che preferisco è il padre di Alfredo.
M.P.
Opera stupenda, vestiti bellissimi, musica molto bella.
Scenografia, anche se moderna, fatta molto bene, come la casa di campagna con i tappeti di mele e L' albero della via di Violetta che nell'ultimo atto è per terra a significare la morte.
L.E.
Mi è piaciuto molto quando Alfredo e Violetta erano in campagna: c'erano dei cesti di mele e sparse per tutto il palco.
Mi è piaciuto molto quando hanno messo uno specchio che inquadrava l'Albero della vita caduto che riguardava Violetta che stava per morire.
A.S.
"Di sprezzo degno se stesso rende
Chi pur nell' ira la donna offende."
Lo spettacolo, anche se lungo, mi è piaciuto.
Bellissimo lo specchio anche se a mio parere l'Albero doveva spegnere le candele mentre moriva Violetta.
V.M.
Il giorno 20 dicembre siamo andati nuovamente a teatro, dopo un po' di mesi.
Mi mancava molto l'aria del teatro, l'atmosfera molto misteriosa.
Bellissima la voce di Violetta e del padre di Alfredo.
Bello il finale.
Spero di ritornarci anche quando sarò grande per sentire l'atmosfera di quel teatro e i bei ricordi che ti lascia quando si ritorna a casa.
Sono stata dispiaciuta per la storia della Traviata ma nello stesso tempo contenta dell'opera.
F.O.
Devo dire che non mi è piaciuta molto. La mia parte preferita è quando nel terzo atto c'era uno specchio enorme sul palco, bellissimo.
S.C.
Mi sono piaciute tanto le scenografie con le tende i bicchieri il tappeto di mele finte ecc.
Mi ha colpito L' albero che rappresentava le emozioni di Violetta tipo l'ultimo atto, quando Violetta muore e l'Albero è per terra.
L.R.
Lo spettacolo era bellissimo soprattutto la scena finale con la morte di Violetta e lo specchio enorme.
S.C.
Mi è piaciuto molto ( come al solito).
La cosa più bella del Carlo Felice è quella di capire le scenografie che sono sempre da interpretare (l'Albero e lo specchio!).
Questa volta l'ouverture a sipario aperto mi è piaciuto di più di quelle a sipario chiuso.
M.R.
L'opera è stata veramente emozionante,divertente e interattiva.
Il canto più bello per me è stato" Amami Alfredo".
Mi è piaciuto il cambio delle scenografie ( formidabile!) e ho apprezzato molto il " flashback "
all'inizio, durante l'ouverture, che raccontava e rappresentava la morte di Violetta alla fine dell'opera.
V.M.
Le parti che mi sono piaciute sono due: una, nel primo atto, dove tutti i cantanti fanno il Brindisi e l'altra quando Violetta e Alfredo litigano in campagna.
Il personaggio che preferisco è il padre di Alfredo.
M.P.
Opera stupenda, vestiti bellissimi, musica molto bella.
Scenografia, anche se moderna, fatta molto bene, come la casa di campagna con i tappeti di mele e L' albero della via di Violetta che nell'ultimo atto è per terra a significare la morte.
L.E.
Mi è piaciuto molto quando Alfredo e Violetta erano in campagna: c'erano dei cesti di mele e sparse per tutto il palco.
Mi è piaciuto molto quando hanno messo uno specchio che inquadrava l'Albero della vita caduto che riguardava Violetta che stava per morire.
A.S.
"Di sprezzo degno se stesso rende
Chi pur nell' ira la donna offende."
Lo spettacolo, anche se lungo, mi è piaciuto.
Bellissimo lo specchio anche se a mio parere l'Albero doveva spegnere le candele mentre moriva Violetta.
V.M.
Il giorno 20 dicembre siamo andati nuovamente a teatro, dopo un po' di mesi.
Mi mancava molto l'aria del teatro, l'atmosfera molto misteriosa.
Bellissima la voce di Violetta e del padre di Alfredo.
Bello il finale.
Spero di ritornarci anche quando sarò grande per sentire l'atmosfera di quel teatro e i bei ricordi che ti lascia quando si ritorna a casa.
Sono stata dispiaciuta per la storia della Traviata ma nello stesso tempo contenta dell'opera.
F.O.
Devo dire che non mi è piaciuta molto. La mia parte preferita è quando nel terzo atto c'era uno specchio enorme sul palco, bellissimo.
S.C.
Mi sono piaciute tanto le scenografie con le tende i bicchieri il tappeto di mele finte ecc.
Mi ha colpito L' albero che rappresentava le emozioni di Violetta tipo l'ultimo atto, quando Violetta muore e l'Albero è per terra.
L.R.
Lo spettacolo era bellissimo soprattutto la scena finale con la morte di Violetta e lo specchio enorme.
S.C.
Mi è piaciuto molto ( come al solito).
La cosa più bella del Carlo Felice è quella di capire le scenografie che sono sempre da interpretare (l'Albero e lo specchio!).
Questa volta l'ouverture a sipario aperto mi è piaciuto di più di quelle a sipario chiuso.
M.R.
A.S. 2015-2016
23 marzo 2016 - TEATRO CARLO FELICE - "Roberto Deveraux"
2 febbraio 2016
TEATRO CARLO FELICE - "Don Giovanni"
DRAMMATIZZAZIONE IN CLASSE
4 DICEMBRE 2015
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